I gemelli crescono

racconti erotici incesto

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    Mia sorella ed io siamo gemelli, nati in una modesta famiglia della provincia brindisina da padre operaio edile e madre casalinga, emigrati a Bologna in cerca di lavoro. La nostra infanzia trascorse serena nello stretto rapporto che unisce sempre i gemelli: il bagnetto assieme, i giochi condivisi come la cameretta, i litigi e gli abbracci.
    Tutte le estati, però, erano sempre meravigliose: agli inizi di giugno i nostri genitori ci portavano giù in Puglia nella fattoria della nonna, rimasta vedova dalla giovinezza, mentre loro restavano in città fino ad agosto: la scusa era che i ragazzi dovevano recuperare il contatto con la natura fino al settembre successivo. Ma ora so che era solo un modo per i nostri genitori di stare un po’ in pace, senza la prole tra i piedi.
    La masseria di nonna era angusta allora: una cascina di appena due stanze, una sopra l’altra, la stalla per le poche pecore e un trullo malandato, che un tempo era servito da ricovero per i braccianti che aiutavano i nonni nella vendemmia e nella raccolta delle olive. Carla, mia sorella, nonna Rita ed io dormivamo nella stessa camera. Anzi, nello stesso letto. Sì, io avevo il mio lettino di fianco al lettone, ma la innocente voglia di giocare era tale che stavo sempre nel lettone, mentre la nonna dormiva in mezzo per separarci.
    L’innocenza terminò nell’estate dell’84. Già da qualche anno non mi erano più indifferenti le tette di mia sorella ben sviluppate e il suo culo tondo e sodo: non mi perdevo per nessun motivo al mondo lo spettacolo di Carla che la mattina girava per la camera in mutandine di pizzo bianco e maglietta. Neanch’io però le ero più indifferente: sapevo bene che anche lei mi scrutava attentamente e non distoglieva mai il suo sguardo dal mio pacco ogni volta che mi vedeva in slip. Anzi, la mattina mi sorrideva ammiccante quando mi alzavo dal letto col cazzo così in tiro, che le mutande riuscivano a stento a contenerlo.
    Il 3 luglio del 1984 i nostri giochi si fecero più audaci. Quando all’alba la nonna si alzò dal letto per governare gli animali, io mi avvicinai piano piano a mia sorella che dormiva sul fianco, e le appoggiai il mio cazzo duro come il marmo sul culo in modo che ne potesse sentire tutto il turgore, non ostante lei indossasse la camicia da notte. Pensavo che Carla dormisse, lo giuro. E presi a strofinare molto lentamente la mia verga sul tessuto della sua camicia, godendomi quel contatto fisico che la fantasia già mi faceva sembrare una scopata belle e buona.
    Quando ci alzammo dal letto la mattina tardi, tutto sembrava normale. Ottimo, mia sorella non si era accorta di nulla. Questa assurda certezza mi rese più audace: avrei rifatto quel gioco la mattina seguente. Confesso che quella giornata mi sembrò un’eternità: tra un batticuore e le vampate di calore, aspettavo con impazienza che il sole tramontasse e giungesse il momento di andare a letto. Di fatti, tra le solite battute e risate anche quella sera mi coricai nel lettone con Carla e nonna Rita. Presi sonno solo verso l’una di notte. Poi finalmente l’alba. La nonna si alzò senza far rumore e scese giù. Il cuore mi batteva all’impazzata, il gioco erotico poteva ricominciare. Muovendomi impercettibilmente sotto le lenzuola scivolai verso mia sorella, che come al solito dormiva sul fianco. Avvicinai pianissimo il cazzo al culo di mia sorella… Sorpresa: Carla era senza mutande e con la camicia tirata su. Il suo culo tondo, sodo, così desiderato da tanto, si offriva al contatto diretto con la mia verga rigida. In un attimo un coacervo di stupore, di timore e di grande gioia si impossessò di me. Ma fu solo un attimo: Carla inarcò la schiena, protese verso di me le natiche e la mia verga sprofondò tra le sue cosce, mentre il glande infuocato le apriva le labbra della sua piccola figa ancora inviolata giungendo a toccarle il clitoride. Restammo in quella posizione per un tempo che non saprei definire. Speravo che il mondo si fermasse per sempre. Carla strinse le cosce più volte per godere più intensamente della mia verga d’acciaio, del cazzo di suo fratello, e poi corse via del letto e si chiuse in bagno. Io non resistetti oltre: mi sparai una sega tale che gli schizzi di sborra mi arrivarono fino in bocca.
    Quel giorno non riuscimmo a guardarci negli occhi, poche furono le parole che ci scambiammo. Mi tormentai per tutto il tempo quel giorno credendo di aver distrutto per sempre il bel rapporto con Carla: mi sentivo un porco per aver violato mia sorella e per averla indotta in tentazione. La nonna notò la cosa, ma pensava che avessimo litigato e ci invitava a fare pace e ad abbracciarci da buoni fratelli. Povera nonna, che ingenua, se avesse saputo… Ma mia sorella la rassicurò: non avevamo litigato, eravamo solo stanchi e, sì, ci volevamo bene molto di più che da buoni fratelli. Queste parole di Carla, la dolcezza della sua voce e il suo sorriso mi liberarono dall’angoscia di quel giorno: mia sorella non era arrabbiata con me. E allora gli ormoni ripresero il sopravvento. Le parole di mia sorella mi sembrarono un invito: l’indomani avrei ritentato il nostro gioco.
    5 luglio 1984. All’alba nonna Rita si alzò e scese in cucina. Quando sentii chiudere la porta di casa, segno che era uscita, lentissimamente mi avvicinai a Carla, e mi accorsi che anche lei era completamente nuda, mentre mi dava le spalle coricata sul fianco. Presi coraggio, mi avvicinai fino a sfiorarle la schiena col mio petto e la baciai sul collo. Lei stese il braccio afferrandomi il culo e mi strinse forte a sé. Il cazzo si fece strada tra le sue cosce e Carla cominciò a muoversi in una danza prima lenta, infine frenetica ed eccitantissima. Poi si girò verso di me e le nostre labbra si fusero in un bacio così profondo da toglierci il respiro. Fu un attimo sbarazzarci delle lenzuola e vedere mia sorella in tutta la sua bellezza di donna ormai ben formata: i peli pubici rossi brillavano sulla sua pelle candida incorniciando quella meravigliosa, piccola fica agognata da anni ormai.
    Iniziai a leccarle il collo, i capezzoli le si drizzarono come bottoncini di corallo: glieli succhiai avidamente, mentre tutti i suoi muscoli si tendevano e sembravano implorarmi di prenderla tutta fino in fondo. La mia lingua percorreva tutto il suo corpo, disegnava i contorni dell’ombelico tondo e profumato. E infine mi tuffai tra le sue cosce: cominciai al leccarle la fica, la lingua si intrufolava tra le labbra di quel fiore inviolato, le titillai il clitoride finché mia sorella non conobbe per la prima volta l’orgasmo. Carla mugolava forte, mi stringeva la testa tra le cosce, le mani nei miei capelli rossi mi schiacciavano la testa sulla sua vulva ormai di vera donna. Il deliquio durò parecchi minuti.
    Quando si riebbe, mi chiese di distendermi sulla schiena per godersi la visione di suo fratello completamente nudo. Mi baciò con passione e mi prese il cazzo tra le mani, poi si abbassò dolcemente e cominciò a leccarmi le palle, risalendo tutta l’asta fino al glande. Non resistette per molto. Salì su di me e guidando con la mano la mia verga verso la sua fica ormai del tutto bagnata, s’impalò senza fatica sul mio cazzo emettendo un gemito e fermandosi parecchi minuti per godersi quel riempimento della sua carne vogliosa. Poi mi cavalcò con tutta la forza che aveva nei lombi finché non conobbe un nuovo, diverso, lungo orgasmo. Io mi trattenni a stento, il lungo tirocinio delle seghe mi aveva insegnato qualcosa. Riuscii ad uscire da mia sorella e a sborrare così copiosamente, che il getto dello sperma le arrivò fino al viso. Ci tenemmo stretti per un tempo indefinito, poi corremmo in bagno a lavare via lo sperma e tutti gli umori.
    Da allora è iniziata tra di noi una relazione “di amore completo”, come la chiamiamo noi, che ancora dura, quando le circostanze ce lo consentono: Carla, del resto, non perde occasione di ricordarmi che solo io so riempirla del tutto, come piace a lei. La vita, però, ci ha separati un poco: io ho seguito la carriera militare, lei si è laureata e sposata con un ragazzo pugliese molto bello fisicamente, ma un rozzo indescrivibile, e con lui gestisce la nostra azienda agrituristica in cui è stata trasformata la masseria di nonna Rita. Ora, dopo il congedo, mi sono trasferito anche io da loro, e mi diverto a giocare coi miei nipotini: due gemelli, maschio e femmina, dalla pelle candida e i capelli rossi.
     
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