La specialista

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    La donna gli sfiora il mento, per farsi guardare in faccia. Usa lo stesso dito con cui gli ha toccato il cazzo.

    Sorride, un sorriso placido, inflessibile.

    «Nella sala d’aspetto c’è tua madre, e altre persone, pazienti in attesa. Non ho chiuso la porta a chiave. Tra loro e te, completamente nudo e in erezione, ci sono solo pochi passi. Come ti fa sentire questo? Ti fa sentire sporco? Ti eccita?»

    Poche immagini, come in un video di pessima qualità messo in rete. Sguardi di ribrezzo, mani sulla bocca per frenare risate o grida. E lui nudo, il cazzo gocciolante, attaccato alle gambe della dottoressa.

    La mano gli scivola sul ventre, accarezzandogli la peluria pubica. Prima due dita lo afferrano a tenaglia alla base del pene, quindi tutta la mano lo ricopre. Contrazioni impazzite gli fanno credere che schizzerà l’anima alle stelle tra una manciata d’istanti, ma la stretta è calda e sicura, e vi si lascia andare come a un letto caldo dopo una giornata faticosa.

    La dottoressa comincia a massaggiarlo con un movimento lento e regolare, clinicamente testato.

    «Ti hanno mai masturbato, Dennis? Ti piace così?»

    Il ragazzo crede che non ci sia bisogno di rispondere. Il suo cosmo intero ora consiste nella mano esperta della sua dottoressa.

    «Ora, Dennis, voglio che chiudi gli occhi e rivivi mentalmente il momento in cui tua madre ti ha sorpreso. Raccontamelo».

    Glielo sta chiedendo. Il Fattore Scatenante. Il Peccato Originale.

    Faticosamente, il ragazzo cerca di riconquistare l’uso del linguaggio umano.

    «È andata come ha già detto mia madre».

    «Ma io lo voglio sentire da te».

    Incurante della sacralità del momento, il suo cazzo, stupido, continua a secernere lunghi filamenti viscosi, preparando un’assente vagina alla penetrazione. I liquidi bagnano le dita della donna, che ora scivolano con più eleganza sulla superficie scintillante del membro.

    «Non ti preoccupare. Dopo puliremo. Tu racconta».

    «Mi vergogno, dottoressa».

    «Certo che ti vergogni, è proprio questo che ti eccita così tanto. Racconta».

    L’ano e il ventre del ragazzo si contraggono. La dottoressa si ferma istantaneamente. Quindi, quando il ragazzo riprende a respirare normalmente, ricomincia a masturbarlo, con un ritmo più lento, dolce, come stesse carezzando un cucciolo. Il ragazzo, con un nuovo stato d’animo, comincia a narrare il biblico racconto del Peccato Originale, ciò da cui tutto è cominciato.

    «Ero rimasto solo in casa. Cioè, mia madre non c’era, ma non ero solo. Nell’altra stanza c’era la ragazza rumena che fa le pulizie. Beh, non è proprio una ragazza, è una donna, voglio dire… Sui trent’anni, forse…»

    «La trovavi attraente».

    «Non c’avevo mai pensato. È come fosse di famiglia. Il più delle volte mi scocciava, e mi rinchiudevo nella mia stanza per non vederla».

    Il dito indice della dottoressa passa un paio di volte sul glande lucido, catturando nuove produzioni di liquido lattiginoso che stavano per cadere nell’oblio nero del lettino.

    «Quel giorno… beh, io… mi stavo… cioè…»

    Il ragazzo si blocca.

    «Dennis, in questo esatto momento sto massaggiandoti il pene al fine di farti provare piacere sessuale, e le tue secrezioni hanno bagnato la mia mano fino al polso. In questa situazione ancora ti vergogni di

    dirmi che ti stavi masturbando?»

    Il ragazzo sospira. Vorrebbe sorridere ma è troppo preso a rincorrere le immagini nella sua testa.

    «Sì… mi stavo masturbando. Lei era intenta a riordinare una libreria, riuscivo a vederla attraverso lo spiraglio della porta della mia camera. Aveva dei jeans, e sotto i collant. Si era tolta le scarpe e indossava dei sandali, di solito lo fa per stare più comoda mentre fa le pulizie».

    «Le guardavi i piedi?»

    Scarpe decolleté di vernice nera, tacchi sui 120 mm. Un tipo di scarpa che non si trova

    in uno studio medico.

    «No! Fino a quel momento no… Ma…

    Ad un certo punto lei posa il ginocchio su una sedia e si sporge avanti, per guardare un libro. Ha un bel…beh…»

    «Un bel culo. Ti prego, sono allergica alle perifrasi. Vai avanti, stai andando benissimo. In tutti i sensi».

    «Non mi ero accorto che continuavo ad avere il…coso in mano…»

    Lo stesso coso che ha adesso in mano lei, pensa il ragazzo, ma si affretta a pensare altro.

    Questo è un pensiero che potrebbe portare a esplosioni impreviste.

    «Così, mentre la spiavo, continuavo a… masturbarmi».

    «Naturalmente, e poi…?»

    La masturbazione della dottoressa si è fatta leggera, quasi impalpabile, la molestia di un fantasma.

    Gli permette di continuare il discorso, scegliere le parole adatte.

    «Lei continua a leggere, e poi, come sopra pensiero, si toglie un sandalo…»

    Altra leggera contrazione.
     
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