Orgia dopo cena un bellissimo racconto hard

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    Queste cene da organizzare all’ultimo momento l’avevano sempre messa in agitazione; per giunta, l’ospite era di riguardo, ricco, raffinato, elegante. Lei, massaia non è, non si sente, non è il suo ruolo; cucinare sa farlo e lo fa, controvoglia; lo fa per lui, volentieri ma non per questo signore. Un pomeriggio di tormenti, rubato a tanti diversi progetti, allo stare da sola, all’aspettare, alla placida armonia della sua casa. Un pomeriggio di forni e fornelli, lavelli, pentole e vivande, un pomeriggio d’impegni come prima d’un esame, senza nessun trasporto per quel suo daffare. Poi la doccia veloce, il vestirsi, truccarsi, scrutarsi un po’ dentro per sapere se potrà aver successo. Successo per lui, che ci tiene, che vuol fare bella figura, che tornerà solo dopo ad occuparsi di lei; successo riflesso, come il suo volto nello specchio, come l’occhio che la scruta. Ultimi tocchi anche all’ambiente, ultimi sguardi alla tavola prima che s’apra la porta, prima che egli entri, prima ancora di sapere chi sia… già, chi sarà? Sarà vecchio e panciuto, magari deforme… sarà ricco e famoso, sarà affascinante? Saprà apprezzare, tutto il suo faticare? Magari malato, mangerà solo pane… oppure ingurgiterà tutto, senza dargli alcun peso. Almeno fosse intrigante, simpatico, strano… tutta quella fatica, peserebbe di meno! Fra qualche minuto, fra qualche secondo, la risposta sarà già data, sarà già segnata ma ora? Alcuni ritocchi, le luci, i colori, le sedie, i fiori… finalmente la porta, si apre, entra.
    Un signore elegante, affascinante, raffinato; meglio di quanto immaginato, meglio di tutto, esame iniziato. I suoi complimenti, il suo osservarla, il suo sguardo magnetico dietro l’occhiale sottile, il suo sorriso intrigante, sono quasi un successo, da subito.
    Finalmente seduti davanti ai piatti che lui apprezza, che lui esalta; parla col marito, è vero ma i suoi occhi la trafiggono spesso, molto spesso. È quasi pentita dell’abito un po’ troppo scollato ma, in fin dei conti, non le spiace mica poi tanto, quello sguardo che cade, di tanto in tanto, nel solco dei seni… anzi, più passa il tempo, più quello sguardo è come se lo volesse. Sarà colpa del vino, sarà colpa dei cibi un po’ strani che ha copiato dal libro, sarà un po’ tutto oppure… è proprio lo sguardo, che tanto le piace. Quanto tempo è che non accoglie uno sguardo furtivo in quel modo? Quanto tempo è passato, da che certi sguardi non la infastidiscono, anziché estasiarla, come stasera? Non si mette a far conti, tanti anni, sicuro. Le sue gambe, le sente, durante i discorsi, attraverso i sorrisi, intanto che lui… le sente, bene, senza ombra di dubbio: tendono a scollarsi l’una dall’altra, a divaricarsi, ad aprirsi. Ad aprirsi ma a che? Sono sotto la tavola, sotto la gonna, sotto, lontane, mica lui può vederle! Eppure le sente dischiudersi, rendersi accessibili, invitare… invitare un qualcosa che neppure lei sa. Istintivo. Istintivo come il bisogno del bagno. Ma resta lì, senza far trapelare, senza rendersi ridicola, senza che lui, per carità, senza che sappia. Il marito, dopo, se capirà, se saprà capire, allora lui la placherà… altrimenti, che altro? Senza un motivo, senza una ragione, tutto quel suo eccitarsi, riempirsi d’emozione… sarà l’esame, sarà il suo sguardo, sarà il troppo bere? E lui? Si sarà accorto di nulla? Si sarà fatto un’idea? Non sarà mica capace di farsi un’idea stravagante? Magari, profittando d’un certo momento, potrebbe persino… no, non è il tipo! Con tutto quel che ha, proprio lei, vuol volere? Qui in casa, col marito presente? Che idea stupida! Ne ha certamente più giovani, più belle, più formose, più disponibili di lei… e a lei, cosa manca? Una sfida? Se fosse per sfida, lo farebbe anche, farebbe vedere alle altre che non le teme, che regge il confronto, che non devono permettersi di sfidarla… se fosse una sfida! Ma non è una sfida, non c’è mica nessuna di loro, lì in casa! Di certo, una sfida con se stessa, con la sua resistenza, messa ormai a dura prova, messa ormai in ginocchio da tutto quel suo allontanarsi dai discorsi, dal reale, dal pratico e quotidiano… un volo pindarico! Come volo pindarico lo può accettare, non è mica realtà, lo può tollerare. Dopo, nel letto, col marito, cercherà di trovare la pace in un solito lento fluire. Lui, l’ospite con gli occhiali sottili, coi capelli brizzolati e ricciuti, lui se ne sarà andato, lontano, per molto. Magari al buio, sognerà che sia lui, non il marito, ma durerà poco, solo un’emozione, poi svanirà, come è giusto che sia. I discorsi degli uomini, però, si fanno d’un tratto più interessanti e lei si trova a seguirne un filo che non credeva possibile, che la coinvolge, che la trascina… sarà sempre colpa del vino!
    “Sua moglie è deliziosa, sa… gliela invidio molto. Mi verrebbe quasi voglia di proporvi una cosa strana, ma non so se posso…”
    “Ma la prego, qualsiasi cosa, dica pure…”
    “Ecco… gradirei moltissimo se lei me la prestasse per un fine settimana.”
    E lo disse senza esitazioni, volgendo uno sguardo complice a lei, distogliendo gli occhi dal marito, quasi non gli interessasse più l’effetto delle sue parole su di lui, quasi cercasse solo il consenso di lei; nel suo sguardo non notò troppo stupore, anzi, una strana luce già gli fece intuire, capire.
    “Bisognerebbe prima chiederlo a lei, se è disposta a passare un week end fuori casa…”
    “Ma lei ha bisogno del suo consenso, per decidere, non decide mica, altrimenti! Lei ci tiene molto, al suo consenso, vero?”
    Tirata in causa in quel modo, con gli occhi di entrambi puntati nei suoi, alternando nervosamente l’obiettivo fra il marito e l’altro, si ritrovò a buttare lì alcune confuse parole, istintive:
    “Effettivamente… senza che lui… non potrei certo… però…”
    “Vede, mio caro, solamente se lei glielo concede, ella verrà con me, se glielo negasse, non avrei alcuna possibilità. Ho una bella villa sul lago, la porterei lì, un fine settimana di vacanza, solo due giorni, non è poi così lungo, un week end ma se lei non gradisce…”
    “No, anzi, potrebbe essere un’esperienza interessante, sa? Magari ne sentirò la mancanza ma tre giorni passano in fretta.”
    Evidentemente, non poteva rifiutargli nulla, neppure questo; oppure proprio lo divertiva l’idea, di cedere la moglie ad un altro… lei era un po’ sconvolta, trascinata dagli istinti, cominciava a sentire dentro sé una strana eccitazione, uno stato d’animo che le faceva varcare soglie mai pensate, mai viste, mai sapute.
    “Ma tu ci andresti, con lui, un fine settimana?”
    “Perché no, se non ti dispiace…”
    “Ma allora è tutto a posto! Venerdì pomeriggio, verso le sei la vengo a prendere. Prima di venerdì non posso, ho appuntamenti serrati… la riporterò a casa entro domenica, sera, naturalmente. Passeremo una bellissima vacanza, non le farò mancare nulla! In questa stagione il lago è bellissimo, ancora si può prendere il sole e la mia piscina è molto bella. Faremo gite in barca e lunghe passeggiate.”
    Nessun accenno al sesso… nessun accenno a ciò che avrebbe comportato quel suo essere sua, soltanto sua, per un intero week end, per tre lunghi giorni. Lei sorrideva, mentre lui decantava quella sua casa al lago, seguendo anche l’attenzione del marito, tutta dedita a quel raccontare, senza alcun accenno di sfida, di timore, di gelosia. E se non fosse mai più tornata? Se fosse rimasta con lui per sempre? Se avesse potuto decidere di non tornare a casa? Lui che ne sapeva? Come poteva essere sicuro che la sarebbero bastati, quei due veloci giorni che l’attendevano? Da un martedì sera, quasi mercoledì, ad un venerdì pomeriggio, cosa sarebbe potuto accadere, dentro di lei? E dopo? Ma non riusciva a sfidare il marito, tutto le pareva come un grosso dono, come un tributo alla sua devozione per il marito, al suo amarlo, al loro amarsi… strano dono, si diceva; non pensava più agli affari del marito, al fatto che lui non poteva negare nulla a quell’uomo, al fatto che gli avesse ceduto la moglie con tanta disinvoltura… ora lo leggeva come un dono che lui le faceva. Lo leggeva contento, se non felice; leggeva quello sguardo di lui trasognato nel seguire le parole di quello che sarebbe divenuto il suo amante, altrettanto sereno quando si affogava nei suoi occhi, colmo solo di complicità e ammirazione. In tre anni di matrimonio non l’aveva mai tradito e neppure prima, mentre erano fidanzati; a pensarci bene, non aveva mai fatto l’amore con uno che non fosse lui! L’aveva avuta vergine, prima erano state solo carezze e baci… chissà come sarebbe stato, far l’amore con un altro? Con che spirito, con quale stato d’animo. Certamente era affascinata, eccitata, intrigata da quell’uomo, ma farci l’amore era un’altra faccenda, una faccenda più grossa. Colpa del troppo vino ma era sicura che ce l’avrebbe fatto anche subito, anche lì, anche di fronte al marito, senza tanti preamboli, senza tante inibizioni. Aveva già voglia di star nuda, davanti a lui; se avesse dato retta ai suoi istinti, si sarebbe già tolta di dosso l’abito e lo slip… solo adesso, solo ricordandolo, pensandolo, facendolo presente, s’accorse di quanto s’era inumidito, quel suo slip! Era intriso d’umori come non le succedeva da molto, come le succedeva un tempo, quando era fidanzata, quando lui la guardava e lei si ritrovava gli slip subito bagnati, come ora, anche meno. Era già venuto tardi, lui aveva ottenuto ciò che sperava, il marito di lei buoni auspici per i suoi affari e lei… un appuntamento per un venerdì pomeriggio che sarebbe presto giunto. Non le fu concesso di spogliarsi, non ne ebbe il tempo; salutò quell’uomo senza neppure un bacio, sebbene quel bacio le premesse, pensasse le fosse dovuto. Lui le baciò solo la mano ma la sua voce calda le diede conforto; guardandola dentro attraverso gli occhi, le sussurrò profondo:
    “A venerdì, allora…”
    “Non faccia tardi, mi raccomando!”
    “Sarò puntuale, non tema…”

    Attaccata a quelle parole, a quell’appuntamento, a quell’ultimo sguardo, a quel suo andarsene, a quel comportamento anomalo del marito, se ne andò in bagno e si preparò per dormire. Quando tornò in camera, il marito l’attendeva già disteso; la ghermì con lo sguardo e le disse:
    “Grazie per aver accettato l’appuntamento, mi hai aperto porte che non speravo di riuscire a passare!”
    “Spero tu non l’abbia fatto solo per i tuoi affari, io l’ho preso come un regalo che mi facevi, solo così l’ho accettato volentieri.”
    “Sì, certo, anche un regalo per te… avevo capito che ti sarebbe piaciuto, che avresti fatto quest’esperienza. Vedrai, sarà divertente, è un uomo molto raffinato, sai? Saprà darti cose che non credevi neppure di poter desiderare.”
    Mentre le diceva questo, lei già si era accasciata accanto a lui, le sollevò l’orlo della camicia scoprendo tutte le cosce, carezzandone i fusi delicati, insinuandosi in mezzo a loro fin quasi alla sommità ma evitando di toccarle qualcosa di più intimo, qualcosa di più sensibile. Si era lavata, è vero, di tutto il miele disperso davanti al suo prossimo amante ma quei discorsi del marito, quel suo carezzarla, quel suo baciarla, avevano già fatto sgorgare nuove rugiade. Se ne accorse quando cominciò a divaricare le cosce sotto le sue carezze, sentendo l’alito fresco dell’aria che la baciava. I suoi baci divennero presto più frenetici e fu lei stessa a cercare la mano del marito per portarla lì in mezzo, perché sapesse, perché capisse, perché ascoltasse tutto il suo bisogno d’essere amata. Non fu come al solito, qualcosa di nuovo aleggiava tra loro, qualcosa di insolito e intrigante. Se ne accorsero entrambi, subito, fin dai primi contatti, fin dai primi baci; nessuno dei due sapeva bene cosa fosse ma entrambi sapevano, capivano. Nessuno dei due parlava, solo si nutriva di questo nuovo nettare che il compagno gli porgeva, in silenzio, un silenzio rotto solo dal suo forte ansimare, dal suono dell’approssimarsi del piacere dell’altro. Questo, ognuno dei due sentiva, solo il suono del piacere che si avvicina, il piacere dell’altro. Ci giunsero assieme, al culmine, all’arrivo, riversandosi in un lungo bacio che li trasportò nel sonno, stremati di tutto, rigonfi d’amore, dimentichi d’ogni cosa, dimentichi anche di lui, dell’altro.

    Non ne parlarono più, di quell’appuntamento, fino al venerdì, a pranzo. Ma non fu lei a parlarne. Lei, con se stessa ne aveva parlato a lungo; si era già fatta mille domande, aveva già preparato mille risposte per lui… questa non se l’era fatta, non sapeva neppure perché.
    “Allora stasera cenerò da solo, sei felice di andar via con lui?”
    “Sono un po’ impacciata, amore. Non ho ancora capito che cosa sta per succedere… certamente la cosa ha il suo fascino ma, non è più tutto così chiaro come l’altra sera. Ho un po’ paura…”
    “Sciocchezze! Vedrai come ti passa la paura, appena lui arriva a prenderti! Hai preparato i bagagli?”
    Sembrava che fosse lui a non veder l’ora che la cosa succedesse, sembrava che non volesse capire i suoi turbamenti. Forse lo faceva per rimetterla a suo agio, per non farla sentire così, come lei si sentiva, un po’ sgualdrina, un po’ donnaccia. A lei parve più un modo strano di spedirla via, di darla in pasto a quell’uomo senza nessun vincolo morale. Fortunatamente lui stesso si accorse dello stato in cui l’aveva gettata e la raccolse, con un lungo e profondo bacio che la riportò di colpo e più tranquilla fra le loro mura di casa… se ne sarebbe fuggita di lì fra qualche ora, con uno sconosciuto, con un nuovo amante ma adesso sapeva che ci sarebbe tornata, che lui l’amava lo stesso, che lui l’amava anche di più. Anche lei si trovò di colpo ad amarlo di più, tutti i timori di quei giorni si erano dissolti e sentiva che era lui che voleva, lo voleva accanto davvero. Non finirono neppure di mangiare, si ritrovarono a rotolarsi allacciati in un abbraccio forte, in una congiunzione d’estasi, in un rogo in cui bruciarono tutte le perplessità che l’argomento aveva portato. Quando se ne andò, per tornare al lavoro, al suo solito, non la salutò come fosse per lungo tempo, un bacio veloce e un abbraccio serrato bastarono a tutt’e due. Il sorriso di lei non mandava segni di disagio, il sorriso di lui era un’intesa, una solida complicità, un lasciapassare che lei avrebbe usato per giustificare tutta la sua assenza, tutto il coraggio che le sarebbe occorso per affrontare quella lunga vacanza.

    Il lungo pomeriggio d’attesa cominciò così, con lui che si scioglieva fuori da una finestra, nel lento fluire della vita solita. Prese a fare i suoi bagagli, a prepararsi il bagno, gli abiti da indossare e tutto il resto; intanto continuava a tormentarsi di domande e di risposte che neppure lei capiva. Si rintanò dentro la vasca, si rilassò pensando solo all’acqua che la cullava, si ritrovò a scavarsi dentro, cercando di togliersi di dosso quello che lui le aveva lasciato; si ritrovò bene presto, però, a carezzarsi da sola senza aver nulla da lavare, per il solo piacere di farlo, come raramente faceva. Lì, immersa nell’acqua calda, si sentì sperdersi con gioia, dopo essersi lisciata per parecchio tempo. Non pensava al marito, non pensava all’amante, pensava solo al suo piacere e non le bastò… dopo aver goduto intensamente il primo travolgente orgasmo, continuò a tormentarsi il clitoride e il seno fino a procurarsene quasi un secondo e solo il trillo del telefono la ridestò dal suo sogno.
    “Pronto?”
    “Sono io, sono già qui fuori, è troppo presto?”
    “Ma no… si figuri… un attimo solo, ero dentro la vasca.”
    “Bene, non si vesta, voglio assistere a tutto. Voglio consigliarla, voglio che metta ciò che mi piace, a costo di ritardare la partenza! Ho annullato un appuntamento per questo piacere.”
    “Bene, allora le apro. Venga.”
    Col solo accappatoio addosso, col cuore in gola, andò davvero ad aprire la porta. Col suo sorriso e coi suoi modi si fece strada, ma ella restava un po’ congelata. Sentiva l’emozione montare dentro di lei, sentiva l’eccitazione, sentiva che qualcosa la tormentava e non era a suo agio. Ci pensò lui, la prese col braccio, la volse verso la camera e le suggerì:
    “Venga, si vesta, altrimenti non partiremo più!”
    Come vi giunsero, notando tutti gli abiti già pronti sul letto, tutta la biancheria e tutti gli accessori, si rese subito conto che un suggeritore le avrebbe fatto comodo; c’era roba per vestirla almeno tre volte, troppe, veramente troppe cose:
    “Dunque, chiariamo subito una cosa: la biancheria intima è bene che la lasci tutta qui, lassù non le servirà a nulla. Anche durante il viaggio non gradisco affatto che lei la indossi, quindi la eliminiamo subito!”
    Perentorio, non ammetteva nessuna replica. Un discorso chiaro, efficace, senza chiaroscuri. Se non glielo avesse fatto lui, quel discorso, lo avrebbe preso quasi come un’offesa ma… lui, con quel suo fare, con quei suoi modi, con quel fascino che emanava… la voleva nuda sotto l’abito, senza slip, senza nulla… il reggiseno non lo portava quasi mai, li aveva preparati per fare bella figura, per avere molte cose addosso, per farsi spogliare con più attenzione ma gli slip! Si era preparata anche le calze e il reggicalze ma lui buttò in angolo anche quello, dicendole che tanto, le autoreggenti, stavano su da sole, senza bisogno d’altro.
    Le porse un abito, l’invitò ad indossarlo poi lo ritrasse.
    “Se vuol mettersi le calze, e meglio che inizi con queste, l’abito lo vediamo dopo.”
    S’era già seduto sul bordo del letto, comodo, tranquillo, come fosse di casa; le porgeva le calze guardandola negli occhi, con il suo solito sorriso, tranquillo, suadente. Lei le prese, stringendosi addosso l’accappatoio che ormai le pesava. Fra tutto il suo accarezzarsi nella vasca e quello strano atteggiamento del suo amante che, dandole ancora del lei, la costringeva a denudarsi davanti a lui con una disinvoltura che ella non aveva, s’accorse che le sue labbra lasciavano tracimare un liquido viscido e caldo e che la quantità del suo miele era quasi eccessiva. Non poteva denudarsi, lui si sarebbe accorto di tutta quell’emozione, l’avrebbe preso per un invito, l’avrebbe costretta ad amarlo lì, nel suo letto! Questo non lo voleva! Non voleva che succedesse lì, quello era il letto di lei e suo marito, non voleva farlo lì!
    “Non voglio farlo qui, non mi costringa, la prego…”
    “Ma per carità, non ci pensavo neppure, se l’imbarazza vado di là, aspetto che si vesta e poi la guardo, volevo solo esserle d’aiuto…”
    Aveva sempre la risposta pronta, sempre la giusta distanza, sempre una parola che la rimetteva in carreggiata e sempre quel sorriso che la metteva solo in condizione di fare ciò che lui voleva che lei facesse.
    “Mi scusi, non volevo offenderla, ho avuto solo un attimo di…”
    Così dicendo, sciolse il nodo della cintura dell’accappatoio, con un lembo, senza alcun pudore, asciugò la vulva e poi fece scivolare a terra tutto quanto, restando nuda, stagliata contro lo specchio dell’armadio, ben illuminata dalla finestra. Stando in piedi, cominciò a infilarsi le calze, appoggiando il piede vicino alla gamba di lui, sul bordo del letto, per aiutarsi a calzarle meglio. Solo quando lei si drizzo di nuovo, con una mano sul fianco e l’altra distesa, quando fu sicuro del fatto che ella non avesse più alcun pudore, lui le porse l’abito affinché si vestisse.
    “Perfetto, non occorre che proviamo gli altri, finisca di prepararsi, io l’attendo di là, in salotto.”
    Tutto qui? Non voleva vedere altro? Non avrebbe voluto vederla ancora nuda e poi vestita e di nuovo nuda? Perché? Non aveva fatto buona figura? Il suo corpo non era all’altezza? Aveva fretta di portarla via di lì? Chissà, forse tutto, forse altro… ora, invece di farsi domande, aveva solo fretta di ritrovarselo davanti, di fuggire via con lui, di andarsene… aveva fretta di sentire che lui smettesse di darle del lei, che lui la finisse di trattarla come un’estranea. Aveva deciso di esserne l’amante, doveva pur trovare il modo di avvicinarsi a lui! Finì di prepararsi velocemente e si ripresentò davanti a lui, con la valigia e la borsetta in mano. Lui le sorrise, le prese la valigia, con l’altra mano andò a raccoglierne il fianco e la sospinse verso la porta, senza una parola, sempre senza un bacio.

    Neppure durante il viaggio, la baciò; le disse tante cose, sempre dandole del lei, senza mai ascoltare tutto il disagio in cui lui la metteva. Non la sfiorò neppure, sebbene lei fosse quasi certa di essere disponibile, di essersi resa visibilmente disponibile. Anche il suo modo di star seduta le pareva un invito, decisamente volta verso di lui e con le cosce leggermente dischiuse… le teneva così apposta, affinché lui provasse a sfiorarle ma nulla, lui le ignorava. Aveva quasi voglia di sollevarsi l’orlo dell’abito ma se poi lui avesse ignorato anche quel gesto?
    Per fortuna giunsero presto alla villa, prima che ella avesse avuto il tempo di meditare troppo, sopra a quei suoi comportamenti; di certo, il suo fascino era grande, riusciva a non darle troppo spazio per pensieri diversi. Solo dopo che ebbero varcato il cancello, lei si rese conto di ciò che le stava accadendo, del fatto che era a casa di uno sconosciuto, col permesso del marito, per passarci dieci giorni senza neppure sapere se lui l’avrebbe mai toccata. Durante il viaggio lui l’aveva distratta, lei non era stata in grado di farsi domande ma adesso, lì, con tutto quel suo distacco, le domande se le faceva, eccome! Erano anche inquietanti, come domande, del tipo: e se non mi toccasse affatto? Se non ci fosse nulla che non sia questo assurdo darsi del lei? Se tutto il gioco fosse stato solo quello stupido vestirsi davanti a lui? Come l’avrebbe mai raccontato, al marito? Lui, come al solito, la trasse da ogni impaccio con una sola semplice parola, appesa al suo sorriso mentre le apriva lo sportello: “Scendi…” Le si illuminò subito il viso d’un bel sorriso, disteso, rilassato; era finita anche quella prova, l’aveva superata, brillantemente. Nella villa ne trovò subito una nuova, di prova: una signora di cinquant’anni circa li attendeva poco oltre l’uscio e lei, che si aspettava un’assoluta intimità, ci rimase molto male.
    “Tesoro, lei è Rosalba, la vera padrona di questa casa; se non ci fossero lei e suo marito a tenerla in ordine, sarei disperato. È anche un’abile cuoca, ti piacerà molto!”
    Passare direttamente dal lei distaccato al tesoro era un salto notevole, ma lei lo resse bene; sorridendo seguì Rosalba fino ad una camera, mentre lui era restato nell’ingresso, senza darle alcuna spiegazione. In camera disfò i bagagli velocemente e tornò verso il soggiorno, così, senza cambiarsi. Lui era al telefono, la squadrò subito male ma continuava a parlare; tappò la cornetta e le disse:
    “No, non così! Togliti l’abito! Voglio vederti nuda.”
    Ella non si scompose più di tanto, se lo aspettava in qualche maniera; certo, mentre lui telefonava, mentre in casa c’era la cameriera e il marito… certo non con quella richiesta, magri se l’avesse denudata lui, magari, finalmente, baciandola… ma obbedì, senza tanti problemi. Tolse l’abito, lo appoggiò ad una poltrona e tornò a guardarlo. Lui non la guardava, guardava fuori dalla finestra, telefonava… allora lei andò verso il suo sguardo, verso quella finestra in cui si sperdeva, affinché la notasse, la vedesse. Si sedette su una poltrona e appoggiò una gamba sul bracciolo, restando scosciata e oscena davanti a lui, appeso al telefono, ma lui restò impassibile, infilò un attimo il suo sguardo fra le cosce, lo passò ai suoi occhi, sorridendo e tornò a guardare oltre il vetro. Un attimo dopo si aprì la porta e un uomo, il marito di Rosalba, entrò nel salone con un vassoio in mano. Lei non seppe neppure se avesse il tempo di ricoprirsi, istintivamente riavvicinò le gambe e tentò vagamente di coprirsi con le mani ma era certa di aver fatto tutto con ampio ritardo, folgorata dall’immagine di quell’uomo che, pareva, neppure la vedeva. Il suo amante, invece, vide tutto e capì; senza mollare il telefono le si avvicinò, cominciò a guardarla intensamente negli occhi e a carezzarle il seno, poi scese, scostò la sua mano che copriva il pube, se ne impadronì e cominciò dolcemente a frugarla, a vellicarla dandole anche il primo bacio, quasi sfiorato sulle sue labbra serrate. Il cameriere si avvicinò, versò del vino nei calici e ne porse uno a lei che si sentì immediatamente soffiare in un orecchio:
    “Versatene un po’ sul pube…”
    Il suo sguardo andò al cameriere che ancora stava lì, impietrito davanti a lei, la guardava distratto e sorrideva; eseguì ugualmente il suggerimento, versò il vino freddo proprio dove cominciava il suo ciuffo di peli neri, avvertì l’intenso brivido scorrere lungo il pube, incrociare le dita di lui e infilarsi dentro di lei con loro. Ne fece scendere ancora un po’, cominciando a gemere per tutto quello che le stava accadendo poi chiuse gli occhi e non vide più nulla. La voce del suo amante, però la distolse:
    “Sto parlando con tuo marito, lo vuoi salutare?”
    Una doccia fredda dietro l’altra ma, tenendo conto che il ricevitore era ben vicino alla sua bocca, lui avrebbe già dovuto sentire tutto quello che stava succedendo; decise di salutarlo davvero, di fargli sentire bene e dal vivo cosa stava provando, di raccontargli tutto, tanto ormai…
    Le sue parole non erano tante ma quelle del marito la rassicuravano, la toglievano da un imbarazzo terribile, riuscì perfino a raccontargli, fra i gemiti che ormai erano sempre più fitti:
    “… sai, amore, c’è qui anche il cameriere e mi sta guardando e la cosa non mi dispiace affatto… ora mi guarda giù, in mezzo alle gambe, sorride, gli piace… lui continua a infilarmi dentro le dita, mi bacia il collo, sto per godere, amore, ascoltami, ascoltami mentre vengo…”
    Se ne venne veramente, in diretta telefonica, mentre un uomo la guardava intensamente e un altro la carezzava e la baciava. Non riuscì a capire se il marito aveva capito, se l’ascoltava, se era ancora lì, al telefono, capì solo che era successo, che era stato uno dei migliori orgasmi della sua vita, forse addirittura il migliore. Mezza stordita dall’evento, non sentiva più nulla, non vedeva più nulla, l’unica cosa che capiva era che lui aveva posato il telefono, che ora la carezzava con due mani, che presto l’avrebbe presa, che prima ancora l’avrebbe stordita di nuovo. Su questo non s’ingannava, scendendo piano piano lungo il suo corpo, andò a baciarla dove stavano le sue dita, prima. Cominciò baciando tutt’attorno, poi prese a leccarla e succhiarla, a titillarne il bocciolo con la punta, ad aspirarselo in bocca fino a sentirla urlare più della prima volta ma non si fermò, continuò, rovistò, si impegnò a fondo fino a sentirla nuovamente tornata in sé. Allora la guardò dritto negli occhi, sorridendo, senza dirle una parola. Prese i bicchieri dal vassoio e brindò con lei, guardando quasi fisso la sua vulva dalle labbra spalancate e grondanti. Subito dopo la trascinò in sala da pranzo, sempre così, vestita solo delle calze e delle scarpe; la fece sedere, si sedette anche lui al suo fianco, la indusse con la mano decisa a tenere le sue cosce molto aperte e, serviti da Rosalba e dal marito, cominciarono a cenare. Non provava più alcun imbarazzo anzi, sentiva i suoi capezzoli turgidi e sentiva la vulva molto umida ma non capiva se era merito del suo amante che la tormentava o degli sguardi degli altri due; probabilmente entrambe le cose la eccitavano molto e anche il fatto stesso di esser lì, con la voce del marito ancora nell’orecchio, con tutto quel suo solito quotidiano lasciato a casa, lontano. Lo scopo di quella strana vacanza era godere, avrebbe goduto più di quanto riusciva ad immaginare, ora ne era sicura, lo aveva già provato.
    Finita la cena la condusse in un altro salotto, cominciò a carezzarla bene, si lasciò perfino spogliare e, finalmente, la prese, lì, sul divano, nella penombra di una lampada da tavolo. Non ebbe modo, lei, di veder molto ma quando l’ebbe dentro, quando l’asta cominciò ad invadere il fodero, quando non finiva più di entrare in lei, capì che non era stata solo un’impressione, che i suoi sensi l’avevano guidata da un uomo che aveva molte qualità, anche quella! E come lo sentiva, dentro di lei, come si muoveva… non riusciva neppure a far paragoni con quello solito, quotidiano, quel far l’amore col marito! D’un tratto le sembrò di non aver mai fatto l’amore con nessuno, prima d’allora… si volle girare, volle cavalcarlo lei, volle che lui le fosse sotto, per sentire ancor di più quel palo enorme dentro di lei; lì, steso sul tappeto, immobilizzato dai suoi movimenti, la guardava, sorrideva, le carezzava i seni dandole il ritmo dell’amplesso. Ella non si curava neppure minimamente della presenza dei due servitori che, sbrigando faccende, vorticavano attorno a loro senza quasi guardarli. Aveva capito che era una cosa normale, in quella casa; doveva succedere spesso. Però, giunta al culmine del parossismo, quando si trovò davanti il cameriere col vassoio che la scrutava proprio lì, in mezzo alle gambe, eruppe in un prepotente orgasmo, coinvolgendo anche il suo amante. Sentirsi riempire dal suo sperma, a fiotti, come da burrasca di mare, con quegli occhi piantati nel sesso, fu per lei una cosa stupenda che la lasciò stremata per diversi minuti. Quando si riprese, il cameriere le porse il bicchiere di cognac, continuando imperterrito a guardare la vulva, offerta senza pudore alcuno. Lui si era già rivestito, già alzato, già fuggito dalla stanza; probabilmente l’attendeva in camera, per continuare, per far l’amore ancora… lo chiese al cameriere ma lui le disse che il signore era andato in studio e non voleva essere disturbato. Bevve un po’ di liquore, non tutto, poi chiese di essere accompagnata in camera e lui ve la guidò. Dopo averle dato un’altra occhiata, si ritirò senza richiudere l’uscio. Anche quello faceva parte del gioco, se non si era preoccupata fino a quel momento, perché chiudere una porta? Si infilò nel letto e aspettò che lui venisse a riscaldarle il sonno, a farla sognare ancora ma lui non venne, tutta la notte, non venne… finì per addormentarsi, tormentandosi il bocciolo da sola ma lui non dormì con lei. Al mattino se lo trovò accanto, nudo e già eccitato, mentre toglieva la manina di lei che era ancora arroccata sul pube. Cominciò a carezzarla, a baciarla, a leccarle tutta la pelle e lei si trovò pronta a tutto in pochi minuti ma… ma lui non la prese, quella mattina! La fece godere così, solo con le mani e la lingua, i baci e le carezze. Quasi subito dopo la condusse in bagno, dove Rosalba stava ancora preparando la grande vasca rotonda, la fece immergere lì e la seguì anche lui; Rosalba restò lì con loro, a disposizione per ogni evenienza. Ormai lei si era abituata a quelle presenze e quasi le dispiaceva che non fosse il marito di Rosalba a tenerle compagnia o, magari, il suo, di marito… già, suo marito, se avesse assistito, se avesse visto, se avesse sentito… sentito aveva sentito! Ma vedere, star lì, accanto a loro, sarebbe stata un’altra cosa! Finito il bagno, la signora le porse l’accappatoio, lui si asciugò con un piccolo telo… non aveva perso un briciolo d’erezione e lei si gustava quella vista con un senso tutto nuovo, non aveva mai guardato il marito con tanta cupidigia, lo sapeva anche lei. Non capiva però perché lui non la usasse, tutta quella sua energia, come mai non la prendesse, cosa aspettasse… si decise a chiederglielo, spudoratamente.
    “Non è così semplice come tu credi, ho bisogno di portarti molto in alto, molto oltre i tuoi soliti… questo dovrebbe aiutarmi.”
    Non capiva nulla di ciò che le diceva ma accettava tutto quello che le porgeva, sempre come un dono gradito. Entrambi nudi si presentarono in sala da pranzo, dove il cameriere gli servì la colazione, complimentandosi con lei per l’ottima cera, ma non la guardava in viso… guardava sempre il suo pube. Per lei ormai era naturale, stava seduta sul ciglio della sedia, con le gambe ben divaricate, con le mani del suo amante che, di tanto in tanto, andavano a ghermire il bocciolo o l’insieme del pube, la coscia, l’inguine o il suo seno e il fatto che un altro uomo la guardasse, era ormai del tutto scontato e le piaceva anche molto, in fondo.
    Dopo colazione le propose due alternative: o mettersi in piscina senza nulla addosso oppure vestirsi e uscire per vedere il paese. Ella non ebbe esitazione alcuna, decise per la piscina, per il nudo, per continuare a vedere quel suo stato di eccitazione e, forse, per riuscire ad approffittarne… ma non riuscì ad approfittarne, nonostante il suo comportamento, nonostante lei glielo chiedesse senza mezzi termini, nonostante si tormentasse da sola, senza che lui si decidesse a prenderla, a carezzarla. Nemmeno il cameriere, sparito da qualche parte, la guardava più; tutta la sua energia era concentrata nell’esporsi, nel rendersi desiderabile ma nessuno la guardava. Smise perfino di accarezzarsi da sola, decise di aspettare, di non tormentarlo ancora di richieste; decise di prendere il sole, di fare un tuffo in acqua, di rilassarsi. Anche lui si era rilassato, la splendida erezione era sparita, si era assopito al sole e non era quasi neppure presente. Si era appena assopita anche lei quando, da dietro, proruppe una voce di giovane donna, una ragazza che irrompeva rumorosamente in quell’angolo di tranquillità. Ella guardò il suo amante che si sollevava dal lettino con un bel sorriso, non infastidito e quel suo aspetto la travolse; così, nudo e sorridente, si alzò, andò incontro alla ragazza e lei li seguì curiosa anche mentre lui l’abbracciava, mentre la baciava, mentre la spogliava del poco che aveva addosso! Quando si girò verso di lei, con la ragazza nuda al fianco, con l’erezione che era tornata come prima, le sorrise e le disse:
    “Amore, lei è Isabella, voglio che diventiate amiche subito…”
    E, rivolgendosi all’altra:
    “Lei è la moglie di un mio amico, si chiama Sabrina. L’ho chiesta in prestito al marito, starà qui con me fino a domani sera. Vedrai, ti piacerà molto, anche perché non è abituata, dovevi vederla ieri, oggi è già più disinibita!”
    Isabella le andò vicino, le baciò una guancia e poi si trascinò l’uomo sul bordo della piscina, si inginocchiò davanti a lui e prese a ingoiare la sua verga, cercando di far vedere il meglio possibile tutta l’operazione a Sabrina. Non era gelosa, questo lo sapeva bene, ma quella visione non l’aiutava a rilassarsi… di certo era interessante, seguiva l’esibizione con una certa eccitazione ma… ma doveva essere la sua festa, non di un’altra! Questo era il punto. Se lui sapeva che ci sarebbe stata un’altra donna, che l’aveva portata a fare? Non distolse lo sguardo neppure mentre lei si girava e si lasciava infilare da dietro, con lui appena accovacciato; non le riusciva di staccare lo sguardo dalla scena eppure, eppure quel sesso era per lei, sarebbe dovuto essere suo, non di Isabella! Andarono avanti per molto tempo, cambiando spesso posizione, avvicinandosi anche al suo lettino, guardandola, soprattutto lui, sempre con quel suo sorriso disarmante, intrigante. Anche Isabella la guardava, cercava di capire che effetto le facesse tutto quel suo esibirsi… si avvicinarono tanto a Sabrina che Isabella si trovò con la testa vicina al fianco dell’altra, proprio mentre lui estrasse il membro per spandere il seme sulla lingua e sulla faccia della ragazza. Subito dopo lei stessa se lo riprese in bocca, ve lo tenne a lungo, ne degustò i sapori e lo lasciò sgusciare via solo dopo che si era ridimensionato. Con in faccia ancora le gocce di sperma si volse verso Sabrina e andò a baciarla, ma non sulla guancia, stavolta cercava la sua lingua. Non seppe opporre alcuna resistenza, non seppe mandarla via, non seppe cacciare le mani della fanciulla dal suo sesso, le sue dita da dentro di lei, i suoi baci dalla sua bocca… non avrebbe voluto mai ma alcuni secondi prima che lo facesse; ora che lo stava facendo, le pareva di non volere altro, di non aver mai voluto altro. Perfino il seme di lui sulla sua faccia le pareva un nettare a cui non poter rinunciare e pensare che non aveva mai voluto che il marito glielo facesse, che le venisse in viso, le pareva così volgare, così umiliante! Invece, averlo visto fare da lui, da quell’uomo pieno di fascino, di classe, su una ragazza così bella, così elegante… le era parsa la cosa più piacevole del mondo. Non poteva trattenere oltre i suoi istinti, si abbandonò ad un violento orgasmo dentro la sua bocca, un orgasmo trattenuto da troppo, dalla sera precedente, dal mattino, dal giorno prima, da qualche anno…
    Le era tornato, il sorriso, scomparso da quando era arrivata Isabella; le era tornato ed era più prepotente di prima. Sorrideva dei baci di lei, del fatto che lui, seduto lì accanto, le guardasse con grande interesse, del fatto che le dita d’Isabella ancora frugavano il suo ventre e che erano molto abili.
    Pranzarono assieme, nudi e tranquilli, serviti e riveriti. A Sabrina piaceva perfino il fatto che Isabella continuasse a tormentarle la vulva e i seni anche in presenza di Rosalba e del marito, piaceva molto che se non era lei a farlo, ella stessa si ritrovasse a cercare il sesso dell’amica mentre il suo amante le carezzava l’interno della coscia. Guardò lui e annunciò:
    “Vorrei telefonare a mio marito per raccontargli anche questo, spero che tu mi presterai Isabella, per donarla a lui!”
    “Ma certo! Non dovevi neanche chiederlo. Isabella è molto disponibile ma una cosa del genere dobbiamo chiederla al suo fidanzato, forse lui potrebbe non essere d’accordo ma lo faremo ragionare, vedrai.”
    “Hai un fidanzato? E non ti presterà a me?”
    “Non ti preoccupare, il mio fidanzato mi presta volentieri, soprattutto alle belle sposine, dopo che gliele ho infilate nel letto…”
    “Ecco, dunque, cosa bisogna pagare… ma sono disposta a tutto, anche a darmi a trenta uomini, pur di donarti a mio marito!”
    “Lo prendiamo come una promessa solenne…”
    “Sei disposta anche a far l’amore dietro mio ordine, quindi.”
    “Certo, ormai sono disponibile a tutto, non ho più alcun limite.”
    “Ti metterò alla prova, non mi fido delle promesse…”
    “Accetto la sfida, a patto di avervi accanto tutti e due!”
    “Amore, non ti abbandoniamo neppure un attimo, sono venuta qui apposta, mi aveva detto che c’eri anche tu…”
    “Cominceremo subito dopo pranzo a metterti alla prova… anzi no, un po’ più tardi, dopo pranzo ti prendo io, mentre Isabella ci assiste come solo lei sa fare.”
    “Ottimo, così le faccio provare delle cose che non si è neppure mai sognata. Mi sa tanto che tu sia mezza vergine…”
    “In effetti… ho fatto l’amore solo con mio marito, prima di ieri… e stanotte ho dormito sola!”
    “Lo so! Fa sempre così, con tutte! L’ha fatto anche con me e avevo solo diciassette anni! È crudele ma poi sa farsi apprezzare… bisogna saperlo prendere, pian piano diventa sempre meglio.”
    “Lo faccio per non diventare subito indispensabile, dovete capire che siete voi le protagoniste e che dovete imparare a chiedere ciò che vi spetta. Se vi dessi subito tutto, vi sembrerebbe naturale che vi venga dato, se imparate a chiedere, vi parrà più dignitoso anche il riceverlo. Non l’ho inventato io, l’hanno insegnato anche a me, naturalmente…”
    “Non mi sono preoccupata, immaginavo facesse parte del gioco e l’ho capito stamattina… ma stamattina te l’ho chiesto e non me l’hai dato comunque… e te l’ho chiesto anche in modo esplicito, mi pare…”
    “Hai ragione ma io aspettavo Isabella e lo spettacolo era previsto per te, naturalmente… doveva farti l’effetto che ha fatto!”
    Per il caffè tornarono sotto al sole, al bordo della vasca, sedendosi sui lettini in circolo. Anche Isabella si sedeva come aveva imparato a fare Sabrina, sul bordo, con le cosce divaricate e il sesso esposto ad ogni aggressione e lei si trovò a rimirarlo come non avrebbe mai creduto di poter guardare una vulva, tanto simile alla sua. Attese d’esser sicura che anche Giuseppe, il marito di Rosalba, la vedesse bene, ne potesse cogliere ogni intenzione e si inginocchiò fra le gambe della ragazza, andò prima a supplicare un bacio, facendo saettare la lingua all’aria poi, delicatamente scese, prima sui suoi seni poi più giù, verso il pube. In realtà non aveva idea di cosa avrebbe fatto, una volta raggiunto il sesso con le labbra; le pareva di essere un po’ ridicola, impacciata, non avendo mai avuto a che fare con una vulva che non fosse la sua… decise di limitarsi a piccoli baci, attorno, come a volte faceva suo marito. Non avrebbe affondato la lingua, non voleva che Isabella capisse quanto era imbranata e, magari, si mettesse a ridere. Ma la sua mano cominciò a premerle la nuca, lei cominciava a mugolare e Attilio la incitava, carezzando tutto il suo inguine con la mano che aveva infilato da dietro, quasi furtivo. L’odore di quel sesso spalancato fece il resto, invitò il naso e la lingua di Sabrina fin dentro, fino in fondo… ora leccava, succhiava, era vorace di quel miele che sentiva, era diventata golosa. Le sue mani presero ad impastare le carni della sua donna e lei si ritrovò d’un tratto tanto trasportata da quel suo fare che le pareva strano di non averlo mai fatto prima. Tanto era concentrata in quel che faceva che quasi non si accorse neppure del fatto che lui aveva cominciato a pompare in lei tutta la sua verga, che l’aveva già riempita e che i colpi di reni che la squassavano non facevano che aiutarla nella sua opera. Capì benissimo che Isabella stava giungendo al culmine, prese il bocciolo fra le labbra e, seguendo quasi distrattamente il ritmo dell’uomo, aspirò e rilasciò fino a sentirla svenire sotto i suoi baci senza accorgersi quasi di essere in cima anche lei. Venne urlando tutto ciò che non aveva urlato fino a quel momento, soffiando aliti caldi sopra la vulva martoriata, strisciando il mento dentro le sue labbra, spostata dal ritmo di Attilio. Poco dopo lui si ritrasse, lasciandole un vano aperto e fresco di aria nuova mentre ella ancora si coccolava sul sesso di Isabella. Isabella stessa, raccogliendo le energie chissà come, la fece rotolare per terra e andò subito a cercarla, a baciarla, a sorriderle in bocca. Poi sentì ch’ella si staccava dalla sua bocca, scendeva, vagava sul suo corpo, lambiva tutto, leccava, annusava quasi cercasse qualcosa che aveva perso… lo trovò non molto dopo, laggiù, nel suo inguine. Mentre si nutriva di lei si accomodò in maniera che anche la bocca di Sabrina avesse di che mangiare e il fatto che Attilio, senza perdere molto tempo, si fosse infilato già nel tunnel, non la distrasse, anzi… tutto quel movimento, quello stantuffare, quel miele denso che ne colava fuori, aiutava Sabrina a concentrarsi sul suo daffare. Ma anche questo non durò moltissimo, dopo qualche minuto vide la verga uscire e poco dopo avvertì uno strano movimento; Isabella la costringeva a rovesciarsi su un lato e poi, ancora, fino a farla ritrovare sopra alla sua amante. Avvertì benissimo la presenza di Attilio laggiù ma lei era concentrata altrove; quando però si sentì riempire di nuovo, capì che non era lui, che era diverso… poi sentì perfino che qualcosa cercava ancora di entrare in lei ma più in alto, con più fatica, con più difficoltà! Non era possibile che vi fossero due uomini, dietro di lei ma due verghe erano già confitte in lei; la seconda poi, ella non l’aveva mai gradita, non le piaceva essere sodomizzata, le pareva volgare. Ora, invece, complice l’insieme, le pareva molto bello anche quello e con una verga tanto grossa che quella del marito le pareva non fosse neppure più una verga! La mano di Giuseppe le portò una risposta strana: le porgeva una verga di gomma, grossa, poderosa e pronta, uguale a quella che Isabella le stava piantando nel ventre, probabilmente. La prese, carezzò la mano con riconoscenza e prese anche lei ad immergere il fallo nel sesso dell’amica, capendo immediatamente che le stava facendo un gran bel servizio. Dopo non molto sentì che Attilio la liberava, che usciva dal suo corpo, che fuggiva; le dispiacque, non voleva, non gradiva che lui non la torturasse più… se lo ritrovò in breve davanti agli occhi, vide che si immergeva nella sua amante, vide che sprofondava in lei senza faticare, percepì i fremiti più intensi, sentì la lingua che la frugava cambiare ritmo, cambiare intensità, sentì la verga che aveva dentro fermarsi, bloccarsi, diventare più falsa. Tutto merito d’Attilio, che stava per farla godere di nuovo; non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione, non poteva gettare la spugna! S’impegnò a fondo, con la lingua, con le labbra, con il fallo che aveva in mano e con l’altra mano, voleva farla godere lei, a tutti i costi, non poteva perdere la sfida! Isabella le crollò addosso stremata dopo alcuni minuti, vibrante come trafitta da mille volt di corrente. Attilio la rovesciò su un fianco, liberando Sabrina dal suo peso, estrasse il fallo di gomma che le aveva lasciato confitto in grembo e lo sostituì col suo, andando a baciarle la bocca che ella aveva già riempito dell’altro dildo, intriso di succo, viscido di umori, pieno di sapore. Lo baciò anche lui, gustando a fondo gli umori e la saliva che si mischiavano sull’attrezzo. Non resistette ancora a lungo, senza che lei ne avesse avvertito l’approssimarsi, le scaricò in corpo il suo seme a fiotti, trascinandola in un orgasmo che non si aspettava neppure, inatteso e benvenuto come un arcobaleno. Restò dentro di lei a lungo, baciandola e carezzandole il viso e il seno; lei sentiva la verga sciogliersi nel fango e i colpi con cui lui ne svegliava l’interesse. Senza muoversi, solo con i muscoli del membro, faceva in modo che lei sentisse ancora della vita, ancora della passione. Quando la sua erezione fu davvero dissolta, quasi lo sapesse, Isabella lo fece scivolare da sopra quel corpo e, sorridendo, andò a baciare le labbra di Sabrina, il suo sorriso, il suo nuovo sentirsi così strana. Scivolò su quel corpo, carezzandolo con tutto, anche coi suoi lunghi capelli scuri, giunse al suo sesso e lo vuotò di tutto il fango che poteva, provocando un nuovo collasso alla signora che stringeva forte la mano di Attilio. Dopo la trascinò in acqua e la lavò accuratamente, suggerendole piano:
    “Devi essere fresca e pura, adesso… ti aspetta un’altra prova!”
    Già, la prova che le aveva promesso Attilio! Ma di che prova si trattava, che altro avrebbe dovuto fare, che non avesse già fatto? Lei avrebbe solo voluto far l’amore ancora, ancora con Attilio, ancora con Isabella, ancora con loro due insieme, come prima. Invece? Che altro?
    “Attilio, ci lasci dormire sole, stanotte? Io e lei da sole, senza te… ho voglia di sentirla tutta mia, me lo permetti?”
    “Certamente, nulla in contrario. Sabrina è d’accordo?”
    “Certo! Non mi sono mica saziata di lei! E nemmeno di te…”
    “Sei pronta anche ora, a ricominciare?”
    “Credo di sì, il bagno mi ha fatto molto bene!”
    “Allora appena esci ho una sorpresa per te, non tardare…”
    Nuotarono ancora un po’, prima di uscire; si asciugarono un po’ a vicenda poi si presentarono al loro amante, nude come sempre.
    “Bene, andate, Isabella sa cosa deve farti fare, io resto qui, mi rilasso un po’…”
    Isabella la prese per mano e la trascinò via, verso la casa; lei non capiva, guardava Attilio sdraiato, camminava e non capiva ma si vergognava di chiedere, di chiedere cosa le avrebbe fatto fare. Senza dirle una sola parola, l’altra le fece attraversare quasi tutta la casa, giungendo in una parte che non aveva ancora visto, aprì una porta senza bussare, entrarono e si ritrovarono di fronte ai camerieri.
    “Ecco, Giuseppe, te l’ho portata! Attilio te la concede fino all’ora di cena… io starò un po’ con voi poi tornerò in piscina.”
    Lui si alzò, andò verso le ragazze, baciò prima Isabella sulle labbra e poi Sabrina ma su una guancia, amichevole. La prese tra le braccia, la condusse ad un divano e ve la fece sedere senza tanti complimenti poi si calò i calzoni e le diede in faccia il membro ancora floscio, affinché ella lo rendesse turgido. Non le fece grande impressione, quel suo modo rude di cominciare, aveva capito che la casa aveva un suo galateo speciale ma guardò ugualmente Rosalba che, assolutamente indifferente, leggeva una rivista; guardò anche Isabella, come in cerca di aiuto e il fatto che questa già si fosse seduta su una seggiola, vicino alla cameriera ed avesse già cominciato a titillarsi, non l’aiutò affatto. Un conto era far certe cose al marito, al massimo ad Attilio ma a questo signore, quasi sconosciuto? Già le pareva strano farsi guardare nuda da lui, ma prenderglielo in bocca così, a freddo… la mano di lui la convinse un po’ di più, guidando la bocca verso il glande appena a pochi millimetri dalle sue labbra; le aperse, lo fece entrare, cominciò controvoglia a lavorarlo ma non le piaceva per nulla. Però la mano di lui la costringeva, non poteva far altro che assecondarla, che lasciarsi guidare. Sperava solo che tutto finisse presto ma Isabella aveva detto “fino all’ora di cena”, quanto mancava all’ora di cena? Non riusciva a vedere alcun orologio, non riusciva a vedere nulla, aveva gli occhi velati di lacrime e la bocca le si andava riempiendo sempre più. Non le pareva un membro grosso come quello di Attilio ma doveva essere anche questo più grosso di quello del marito. D’un tratto si rese conto che era solo una prova, che avrebbe dovuto viverla come un esame, non come lo stava vivendo, come una tortura. Allora prese coscienza delle sue forze, si impegnò bene, si immaginò che non fosse Giuseppe, lì davanti a lei, che fosse un altro, qualcuno che aveva desiderato, qualcuno che le sarebbe piaciuto avere lì, adesso. Questo l’aiutò molto, in breve vide e sentì che lui apprezzava, che cominciava a divertirsi, che cominciava ad essere coinvolto… anche troppo, per la verità. Infatti cominciò a rivolgersi a lei con toni volgari, con parole oscene, le sue mani erano ancora più rudi e il suo ansimare aveva un che di bestiale. Non importa, non importa, purché faccia presto! Ma presto non faceva, sempre così, lei seduta e lui in piedi, con solo le braghe calate, con le gambe piantate in mezzo alle sue, con la camicia appena sollevata a mostrare un po’ di addome, gonfio, flaccido, vecchio, brutto… le ci volle un bel po’ di impegno, di fantasia e di tecnica per riuscire a vederlo scaricare! Quando successe, estrasse la verga dalla sua bocca e le schizzò in faccia immediatamente, senza darle il tempo di chiudere la bocca o di voltarsi, poi lo infilò ancora dentro, a fondo, con colpi di reni, trattenendo la sua nuca con la mano. Finita, era finita… il sapore non era poi male, non diverso dal solito, non volgare come il resto. Guardò verso Isabella ma non c’era più, se ne era andata; Rosalba era ancora lì, leggeva ancora…
    “Bene, brava, bravissima sei stata! Sarà molto contento anche il signore, quando glielo racconterò. Avevo capito subito, appena ti ho vista che questo l’avresti fatto bene e volentieri. Ormai ho una certa esperienza e le noto certe predisposizioni. All’ora di cena manca ancora molto, adesso ti porto di là in camera, così nel letto saremo più comodi… scusami per le volgarità ma quando mi eccito mi vengono naturali. Il signore dice che vi fa molto bene anche questo, benché non piaccia a tutte. Alcune però si eccitano anche loro, sai, mia moglie ne è un esempio.”
    “Si figuri, non importa, non è stato brutto, quello. Non me lo aveva mai fatto nessuno, non ho neppure capito se mi è piaciuto o meno…”
    Docilmente aveva già raggiunto il letto, si era già seduta sul bordo e aspettava; sapeva benissimo che nessuno l’avrebbe tolta di lì fino a che lui non l’avesse riconsegnata al suo amante, sapeva che non c’era modo di far storie, che non c’era ragione di far la preziosa e, in fondo, quel gioco cominciava a piacerle. Lui si denudò in fretta, la raggiunse e cominciò a carezzarla e baciarla, le prese la mano e se la portò sul membro che già si inturgidiva ancora, la costrinse a serrarlo, a menarlo, a sentirlo. Si inginocchiò a laccarle il sesso, straordinariamente aperto e umido quanto lei non s’aspettava che fosse. Tutto quel trattamento non le faceva così ribrezzo, il suo corpo, le sua sensualità, stavano reagendo in modo che lei stessa non s’aspettava. La rovesciò sul letto e cominciò a penetrarla con tranquillità, la verga affondava senza attriti, quasi risucchiata dalla vulva. Sempre le parole volgari, sempre gli insulti ma ora per lei non erano più così offensivi, anzi… cominciava a volerli, a sentirne un certo strano bisogno. Questo, come lo avrebbe raccontato al marito? Ma era più travolta di quanto s’aspettasse, quando lui la fece roteare, se la portò sopra, se la mise a cavalcioni, lei stessa si ritrovò a dare un ritmo frenetico alla cavalcata fino al parossismo, fino a che sentì finalmente l’insorgere dell’orgasmo, il dissolversi della realtà, il lasciarsi, abbandonarsi, il fuggire. Quell’uomo a cui non avrebbe mai chiesto nulla, da cui non avrebbe mai accettato nulla, la fece godere altre tre volte, prima di spandersi in lei e tutto successe nel giro di pochi minuti, troppo pochi per lei, normalmente. Nessuno l’aveva mai fatta godere così velocemente, così intensamente e così spesso allo stesso tempo.
    Dopo fu tenerissimo, la trattenne su di se, col membro ancora dentro, le carezzò la nuca e le baciò le labbra e le guance, come un vecchio zio, dolcemente. Poi la fece alzare e la portò a lavarsi nella sua camera, assistette a tutto, l’aiutò, l’asciugò ed infine la ricondusse in salotto, dove gli altri due stavano ancora facendo l’amore su di un tavolo, lui in piedi e lei supina. Andarono assieme fino a loro, lei da una parte e Giuseppe dall’altra. Sabrina si chinò sull’amica e cominciò a baciarle i seni poi, con la mano, carezzò la sua vulva e la verga di Attilio che entrava e usciva; proprio per Giuseppe, per fargli vedere che era brava davvero, la massaggiò fino a farla esplodere e, insieme, esplose anche Attilio. Lei stessa lo indusse a uscire, a spandersi sopra di lei invece che dentro. Avvicinò il viso, le labbra, raccolse i getti direttamente e quello che non riuscì a prendere se lo andò a cercare dopo, leccando avida tutto il ventre di Isabella.
    “Prima di cenare telefonerai a tuo marito, ti ha cercata prima, gli ho detto che ti avevo mandato da Giuseppe ma non gli ho spiegato a far cosa… questo è compito tuo, glielo racconterai tu, al telefono.”
    Non sapeva se era pronta a raccontargli certe cose, non sapeva se era pronta a sentirlo, non sapeva nemmeno più se era pronta a tornare da lui… no, non subito, ma tornare, sarebbe tornata. Non era quello, ma raccontare certe cose, così, per telefono… non era facile! Attilio la accompagnò ad una poltrona, Giuseppe le portò immediatamente un telefono e Isabella si piazzò tranquillamente ai suoi piedi, andando subito a tuffare la lingua nel suo sesso; il cameriere aveva già composto il numero di casa sua e il telefono già chiamava dall’altro lato. Lui rispose, era contento, era tranquillo. Attilio si era seduto sul bracciolo della poltrona e le carezzava i seni, Giuseppe seguiva la scena sorridendo e lei tentava di far finta di nulla, ma non le riusciva molto bene:
    “Allora, non mi racconti della tua giornata?”
    “Ma… veramente vuoi sapere?”
    “Sicuro, anche della notte, naturalmente…”
    “Stanotte ho dormito sola, lui è venuto a svegliarmi stamattina.”
    “Come mai? Non sei stata brava?”
    “No, non è questo, è che fa così, sempre… l’ha detto Isabella!”
    “Isabella? E chi è? Una tua amica?”
    “Isabella è una delle sue amanti, ora è qui con me, in ginocchio fra le mie gambe, mi sta… leccando! È arrivata stamattina e lui l’ha presa davanti a me, poi mi hanno coinvolto. Ora è… la mia amante, ha promesso di diventare anche la tua, molto presto.”
    “Ottimo! E Attilio? È contento di te?”
    “Credo di sì… ieri sera, dopo cena, mi pareva molto contento. E anche oggi, in piscina, con Isabella… ora mi sta carezzando il seno. Qui con noi c’è anche Giuseppe, Isabella mi ha portato da lui, nel pomeriggio e lui…”
    “E lui?”
    Incitata da tutti, glielo raccontò davvero, senza omettere particolari:
    “E lui mi ha fatta sedere e mi ha dato in bocca il suo coso; dopo un po’ ha cominciato ad insultarmi e dire parolacce e spingermi la testa verso di lui… Isabella ci guardava, non è stato brutto, anzi, dopo un po’ ha cominciato a piacermi. Poi mi è venuto sul viso e me l’ha subito ricacciato dentro!”
    Neppure lei capiva come faceva a dire certe cose al marito, ma gliele stava dicendo e non si vergognava affatto, continuò il racconto, fino a quel che era successo nella stanza quando erano entrati e sentiva il marito, dall’altro lato del filo, che la incitava a raccontare ancora, a entrare nei particolari, nelle sensazioni che aveva provato. Ancora una volta si ritrovò a stravolgersi mentre parlava al telefono, ancora una volta sentiva tutte le sue energie disperdersi nella capiente bocca della sua amante, risucchiate come da un tornado e stavolta sentì anche il marito che la incitava, la spronava, la esaltava a godere, come non aveva mai fatto in vita sua.
    Andarono a cena fuori, quella sera, loro tre; le due ragazze si erano preparate assieme, una doccia veloce, niente biancheria e un abito sexy, lo stretto necessario. Neppure al ristorante, neppure fra la gente, la lasciarono in pace… le mani dei suoi due amanti correvano sempre sul suo corpo, senza tregue. Durante il ritorno si fermarono sul lungolago, fecero sedere Sabrina sul bordo della balaustra e le sollevarono l’abito, carezzandole le cosce uno per lato, esponendo la sua vulva spalancata alla vista di chiunque passasse; lei ne rideva, si divertiva, si lasciava fare tutto, ormai.
    Dormirono davvero assieme, quella notte, sole, nude, abbracciate e solo dopo aver fatto l’amore, davvero, ancora per un paio d’ore. Lui, Attilio, come d’accordo, le andò a svegliare al mattino ma in modo molto particolare. Svegliò Isabella che l’avrebbe aiutato, molto delicatamente si insinuò nel sesso di Sabrina e la trascinò così, in un crescendo musicale, dal sonno alla veglia mentre Isabella la baciava. Quando fu certa che si fosse svegliata davvero, andò direttamente a bere la sua vulva, mentre lui aumentava il ritmo fino a che riuscirono a trascinarla di nuovo in uno stato di trance. Quella domenica mattina cominciava bene, meglio del sabato, meglio del venerdì, meglio di tutto. Appena le fu possibile andò lei a bere il sesso di Isabella, della sua amante, già pieno della verga d’Attilio, già vicino al culmine.
    Quella mattina presero la barca davvero, navigarono un po’ sul lago placido, prendendo il sole sul ponte, senza nulla addosso, come avevano imparato a fare; salutavano festose anche le persone che incrociavano su altre barche, senza l’ombra di un briciolo di pudore. Quando Attilio spense il motore e lasciò che la barca andasse alla deriva senza alcun problema, andò accanto a loro, sulla prua e restò in piedi a guardarle. Allora Sabrina prese a carezzare la coscia di Isabella, guardando Attilio, cercando di capire se era questo ciò che lui voleva vedere; quando fu certa della sua attenzione, cominciò a salire verso l’inguine. Non andò immediatamente alla vulva, non le pareva il caso; carezzava lieve l’interno della coscia, saliva e scendeva senza fretta . Per stare più comoda si alzò su un gomito, allargò anche lei le gambe e si lasciò guardare con piacere dall’uomo, dal suo amante. Isabella faceva quasi finta di nulla, si lasciava coinvolgere senza dar segni evidenti, solo mugolava un poco, senza muoversi. Sabrina raggiunse la vulva, cominciò a giocare sulle labbra con le dita, lievemente, a dischiuderle, a tirarle, a vellicare l’intera loro lunghezza. Cominciò anche a baciarle i seni, piano, senza fretta, quasi avesse paura di distrarla. Scese lungo il corpo dell’amica, si fermò a lungo vicino all’ombelico, poi raggiunse il pelo del pube proprio mentre le sue dita cominciavano ad insinuarsi fra le labbra. La frugò a lungo, baciando tutto il monte di Venere, trattenendo a volte i peli coi denti e tirandoli un po’; ogni tanto guardava un attimo gli occhi di Attilio che la ringraziavano dello spettacolo e subito si immergeva nel suo impegno. In breve raggiunse il bocciolo e cominciò a prenderlo fra le labbra, a titillarlo con la punta della lingua, a stringerlo fra i denti e succhiarlo forte; i gemiti di Isabella erano ormai un concerto continuo, e lei non si distraeva più. Si era tanto concentrata sul sesso dell’amante che non s’accorse del fatto che Attilio era andato a finire dietro di lei, aveva preso posto comodamente e si stava curando del suo, di sesso. La mano esperta dell’uomo, in pochi istanti, l’aiutò a trovarsi piena, senza quasi rendersi conto. Cullati dalle dolci acque del lago, sotto il sole settembrino, nella brezza fresca, nessuno dei tre pensava ad altro, solo a concentrarsi sul piacere più prossimo, più vicino. Straordinariamente, fu Attilio il primo ad esplodere, con molto anticipo, nonostante il logorio che Sabrina stava imprimendo ad Isabella… quando sentì che anche lei se ne stava venendo, tirò un sospiro di sollievo ma, a quel punto, nessuno più avrebbe pensato a lei. Distesa fra i corpi ansimanti dei due, finì per accarezzarsi da sola fino a portarsi in fondo alla strada, come fosse stata sola, come non avesse avuto che mura tutt’attorno, come se quel lago fosse il suo letto, la sua vasca.
    Solo quando riaprì gli occhi si accorse che non erano più soli; una coppietta, su una piccola barca a vela, li aveva abbordati e i due, con gli occhi sgranati, erano lì, pietrificati. Da quanto tempo fossero lì, non avrebbe mai saputo dirlo ma già che c’erano… gli sorrise, si alzò un po’ e li pregò di salire a bordo. Il ragazzo non voleva ma la giovane lo costrinse quasi; legarono l’imbarcazione a quella di Attilio, salirono e si ritrovarono in piedi davanti a loro tre stesi. Isabella ancora ansimava, Attilio quasi dormiva, l’unica in grado di fare un po’ da anfitrione era Sabrina… si alzò, allungò la mano appena tolta dal suo sesso verso il ragazzo e si presentò; lui la prese, distrattamente la strinse e si presentò anche lui. La stessa cosa fece con la ragazza ma ella, più scaltra e più affamata del suo compagno, prese la mano di Sabrina e cominciò a leccarne le dita, guardandola dritta egli occhi. Lei ne rise, soddisfatta e lusingata dal gesto; anche gli altri due si erano tirati in piedi, fecero accomodare anche i due giovani ospiti e si risedettero tutti in cerchio, lì sulla prua. Si notava molto che lui fosse un po’ imbarazzato dalla nudità dei tre, soprattutto da quella di Attilio, mentre la sua ragazza era molto curiosa, intensamente attratta da questa compagnia che non pareva conoscere ostacoli.
    “Hai detto che ti chiami Angelica, vero? E quanti anni hai?”
    “Diciassette, Attilio, solo diciassette appena compiuti; lui è Fabio, il mio ragazzo e ha vent’anni… fate spesso queste gite sul lago?”
    “Non mi riesce spessissimo ma quando posso, volentieri. Ho una villa, laggiù, e la fortuna di avere molte amiche che spesso mi vengono a trovare…”
    Gli occhi di Angelica correvano spesso all’altezza dei sessi e adesso, che il seme di Attilio cominciava a sgorgare dalle labbra aperte di Sabrina, si illuminavano di una luce particolare. Sorrideva, la guardava negli occhi, le faceva smorfie poi, non sapendo più come contenersi, proruppe:
    “Voglio star nuda anche io, amore! Dimmi che posso, che non ti da fastidio se mi tolgo il costume, guardale, come sono belle…”
    Non aspettò nessun consenso, si disfò del suo costume e si rimise a sedere fra Attilio e Sabrina, lasciando Fabio accanto a Isabella. Si volse un attimo a baciare le labbra di Sabrina, poi chiese e ottenne un lungo bacio di Attilio e infine tornò ad occuparsi di lei, della ragazza, del suo sesso spalancato e del rigagnolo di sperma che era già sul ponte della barca. Carezzò con tutta la mano quel suo pube, intinse il dito prima sul ponte e poi dentro, lo portò alla sua bocca e, col dito dentro, chiamò ancora la bocca di Sabrina. Quello fu un bacio molto più lungo, molto più intenso, molto più saporito del primo; nel frattempo la mano di Sabrina aveva raggiunto la vulva della ragazzina e si trovò a incrociare le dita di Attilio… i suoi occhi corsero subito alla faccia di Fabio e, con stupore, vide che egli guardava proprio l’inguine della sua fidanzata ma senza strazio, rapito dalla curiosità come ne fosse in qualche maniera orgoglioso. Subito si gettò a terra di schiena e disse, sorridendo:
    “Vieni, Angelica, fammi tua…”
    Ella obbedì, si tuffò fra le sue cosce e cominciò a leccarla e succhiarla avidamente, senza tecnica alcuna ma con grande entusiasmo. Per farlo si era accucciata, lasciando il sedere in aria, con ancora le dita confitte di Attilio; anche lui si mosse, la seguì, le infilò dentro la verga e invitò Fabio a guardare cosa le faceva. Ora anche Sabrina guardava, guardava Fabio che si godeva la scena mentre Isabella si era chinata e l’aveva liberato dei boxer; aveva già preso in bocca l’asta e lui si curava solo di quanto accadeva davanti a lui, non lì sotto. Fu Attilio a ribaltare un po’ le cose; costrinse Angelica a cavalcarlo, lasciando incustodita la vulva di Sabrina, allora lei si unì agli altri due e finalmente anche Fabio si concentrò su altre cose, anche se spesso guardava verso la fidanzata per vedere come e quanto godeva di tutto ciò che Attilio le faceva. Angelica godeva a raffiche, un orgasmo dopo l’altro senza soste. Isabella l’aveva raggiunta e continuava a leccare la fessura mentre lei stessa saliva e scendeva lungo il palo di carne; Sabrina, supina, si stava beatamente gustando l’euforia di Fabio che aveva sempre occhi e orecchi solo per Angelica. Non se ne accorse neppure, lui si immerse con più impeto, la irrorò urlando e le si accasciò addosso senza darle quasi il tempo di aiutarlo. Anche Attilio era giunto in cima, fece scendere Angelica, la fece distendere e le si svuotò in viso, donandole un nuovo gioco che ella non aveva mai provato; Isabella l’aiutò moltissimo, suggerendole come mettersi a ricevere gli schizzi, cosa fare mentre succedeva, come doveva mettere la lingua, la bocca, cosa doveva fare dopo… lei stessa, subito dopo, prendendole la nuca, la costrinse a riprenderlo in gola, profondo e pulsante. Andò poi a leccarle via tutto ciò che non era entrato in bocca, dalle guance, dalla fronte, dal naso e dagli occhi. Appena ebbero modo di rialzarsi, Attilio li invitò a passare il resto della giornata in villa, dove attendeva un paio di amici che avrebbero apprezzato molto sia le sue due amanti che quella monella che avevano trovato. Neppure il trovarsi davanti a Rosalba e Giuseppe, nuda come sulla barca, mise in soggezione la dolce Angelica; Sabrina la scrutava per cogliere un attimo di pudore nei suoi occhi ma non ebbe modo di vederne. A tavola già li attendevano due uomini di circa quarant’anni e neppure questo infastidì la ragazza; Sabrina era molto colpita dalla cosa e fece in modo di non far notare il suo, di pudore. Durante il pranzo non successe quasi nulla di strano; le ragazze venivano cortesemente carezzate dai signori senza che essi esagerassero. Perfino Fabio pareva molto contento di tutta l’attenzione che veniva posta alla sua Angelica ed ella era molto lusingata di tutti quei corteggiamenti. Era seduta fra i due ospiti nuovi, Sabrina e Isabella ai loro lati e gli altri due uomini a chiudere il circolo. Anche quando uno dei due le chiese di salirgli in braccio, non si scompose; si accomodò al nuovo posto, volgendo le spalle all’uomo e lasciò che lui la carezzasse tutta, comodamente. Lui non era nudo, non poteva prenderla ma le sue mani si insinuavano ovunque ella lo permettesse. Lui le faceva un sacco di complimenti mentre soppesava i suoi seni o mentre infilava tre dita dentro la fessura palpitante; estraeva le dita, gliele porgeva per fargliele leccare e lodava la sua lingua che saettava svelta fra le sue dita. Appena finito il pasto anche gli uomini cominciarono a denudarsi e i due ospiti nuovi si concentrarono su Angelica che accolse le loro attenzioni con molto entusiasmo. Subito uno dei due si stese a terra e la chiamò su di lui, le fece scivolare dentro la verga e l’aiutò a prendere un ritmo pacato, delicato; l’altro la raggiunse e si accovacciò fino a far collimare la punta del fallo col vano libero di Angelica e la trafisse senza alcuno sforzo. Fabio, spronato da Attilio, si dedicò alle altre due ragazze che erano ormai diventate abili, nei giochi multipli. Nonostante tutto, egli ancora seguiva con molto interesse tutto quel che capitava ad Angelica e, quando la vide presa contemporaneamente dai due, con Attilio che sorseggiava un liquore lì accanto, quasi distratto, gli pareva strano che lui non la guardasse. Lo trovava troppo bello, quello spettacolo; tutto quel torcersi della ragazza presa in quel mucchio così strano, lo rapiva. Il secondo, quello che stava accucciato dietro Angelica, chiamò Giuseppe, lo invitò a spogliarsi e fece in modo che Angelica accogliesse in bocca il suo sesso, guidandole la testa con la mano decisa. Poco dopo si rimise in piedi, aiutò la ragazza a sollevarsi e a distendersi sopra il tavolo con le gambe penzoloni. Giuseppe si impadronì di quel sesso aperto, lo raspò e lo trafisse, mentre l’uomo che l’aveva appena aiutata la tratteneva per le spalle, facendola resistere meglio ai colpi di reni del cameriere. Intanto la guardava, l’ascoltava e le parlò, anche…
    L’altro era già vicino a Fabio e, carezzando il pube di Sabrina, cominciò a raccontare:
    “Andrea e io abbiamo uno studio fotografico, spesso facciamo anche foto particolari, per una rivista… dovreste venirci a trovare, Angelica si divertirebbe molto e anche tu!”
    “Ma è… minorenne!”
    “Non è un problema! I genitori le danno l’autorizzazione per la pubblicazione, ne sono sicuro.”
    “Anche Isabella era minorenne, la prima volta che l’ho fotografata ma è stata bravissima. I genitori ci hanno messo un po’ a darci l’autorizzazione ma poi le abbiamo pubblicate e sono stati anche contenti…”
    Intanto aveva preso a pizzicare con le dita le labbra della vulva, torcendole un poco. Lei pensava a cosa avrebbe detto al marito per potersi permettere anche quello, per potersi far fotografare e pubblicare su una rivista non certo scientifica. L’idea era straordinariamente eccitante, come e più della situazione; certamente avrebbe dovuto far capire al marito che era una cosa a cui teneva ma non riusciva a concentrarsi su cosa gli avrebbe detto. Quelle dita strette sul clitoride, le sue mani sui seni d’Isabella, la piccola che si torceva sotto le panciate di Giuseppe, tutto troppo impegnativo perché si concentrasse… ci avrebbe pensato per tempo, intanto era più facile lasciarsi andare, seguire i ritmi, perdersi in quei fiumi. Senza mollare la presa, lui le infilò dentro due dita dell’altra mano e cominciò a rovistare, sussurrandole all’orecchio che la voleva con lui una notte intera, dopo averla fotografata. Iniziò anche a raccontarle come l’avrebbe fotografata, con chi, in che posizioni… la vedeva bene, capiva che era vicina e che non avrebbe tardato. Lo fissò negli occhi, mentre godeva, mentre veniva, travolta come in poche altre occasioni; lui era la prima volta che le leggeva addosso l’orgasmo ma si rese conto che era potente, profondo, come gli piaceva leggerli nelle sue modelle. Quello sguardo, quegli occhi, avrebbe voluto subito riprodurre sulle sue foto, quello era ciò che cercava. Subito dopo, appena si riprese un po’, la sollevò, la portò verso il tavolo, lo stesso tavolo su cui era ancora distesa Angelica, inforcata da Giuseppe. La fece stendere lì sopra ma dal lato opposto, accanto ad Andrea che tratteneva la ragazza per le spalle e, finalmente, si immerse in lei senza che nessuno si ponesse fra loro. Per lei era diventata la cosa più normale del mondo, star lì in quella casa ed esser presa da un uomo, qualunque uomo, dopo tanti anni passati a esser presa da un solo maschio! Non si stupiva affatto, era solo piena di questo essere riempita, frugata, trafitta da qualcuno. Vedeva Angelica e le mani di Andrea, vedeva Andrea e Giulio che si parlavano sottovoce, vedeva Giuseppe intento a strapazzare quella bambina lì a fianco a lei… le prese una mano e la carezzò, la portò sopra il suo ventre e la fece distendere sul suo pube.
    “Adesso basta, dai, falla prendere un po’ anche a me, è splendida!”
    “No, non subito, Andrea, lasciami sfogare, mi ha eccitato troppo.”
    Gli ci volle molto tempo, a Giulio, per potersi ritenere soddisfatto; non si curava neppure più del piacere di Sabrina, pensava solo al suo. Ella aveva abbandonato la mano di Angelica sul suo pube, era passata sotto la sua coscia e si era insinuata a carezzare quei sessi uniti e le natiche di lei. Ebbe il grande piacere di sentirli venire tutti e tre insieme, quasi come se ognuno di loro aspettasse un segnale. Aiutò Giuseppe carezzandogli i testicoli, delicatamente, mentre il suo sguardo incrociava quello di Andrea… ora l’avrebbe riempita anche lui, l’avrebbe condotta ad un nuovo appuntamento che non aveva voluto da Giulio. Sorrideva soddisfatta anche dello sguardo di lui, della sua evidente eccitazione, del fatto che fosse sicuro di poter prendere il posto del suo socio entro pochi secondi. Infatti, appena Giulio se ne andò, s’impadronì delle sue gambe, le pose sulle sue spalle e la trafisse. Angelica, libera da impegni, si pose in modo da poter seguire l’amplesso da vicino, ponendo il suo viso proprio sopra il pube di Sabrina; carezzava delicatamente il suo clitoride gonfio, lo premeva verso la verga, allontanava e avvicinava le labbra con un ritmo parallelo a quello di Andrea. La verga sguazzava dentro la vulva piena di tutto, i profumi che ne uscivano colpivano subito il naso d’Angelica che ne rimaneva come stordita, estasiata.
    Andrea non durò molto a lungo ma fece in tempo a condurre Sabrina dove ella stessa pretendeva che la si portasse; immediatamente dopo riempì il visino di Angelica del suo seme e lei, con la linguetta che saettava ovunque, cercò di raccoglierne il più possibile. Sabrina si riprese dopo alcuni minuti, Andrea e Giulio erano già scappati via, non l’avevano neppure salutata; Fabio e Angelica si stavano per rimettere in barca, Isabella era già vestita. La festa era finita, si tornava a casa, al solito, alla vita quotidiana ma ci sarebbe tornata con un atteggiamento differente. Ebbe appena il tempo di salutare i ragazzi, di baciare ancora Isabella prima di vederla andar via, poi venne Giuseppe, la prese per un braccio, quasi senza dirle nulla la condusse in camera, l’aiutò a lavarsi e a preparare i bagagli. Quando le disse di vestirsi, lo disse quasi sottovoce, quasi non volesse, come se gli dispiacesse.
    “Non fare così, Giuseppe… torno appena posso, promesso!”
    Non ne era così sicura, non era certa che il marito l’avrebbe fatta tornare in quel posto ma… la voglia era molta. Probabilmente avrebbe anche litigato col marito, pur di poter tornare lì; sicuramente la sua vita non sarebbe più stata come prima, come quando c’era solo suo marito, nel suo letto. Indossò solo l’abito, lo stesso con cui era arrivata, senza calze, senza altro; infilò le scarpe, prese l’orlo della gonna e l’alzò oltre il pube, in modo che Giuseppe la vedesse ancora. Così si presentò ad Attilio che già l’attendeva, salutò Rosalba di lontano, baciò il cameriere tirando la sua grande mano al suo inguine nudo e salì in vettura. Durante tutto il viaggio di ritorno non si coprì mai il pube, voleva che almeno lui la vedesse, continuasse vederla e desiderarla, se era in grado.
    Giunsero a casa che era quasi buio, il marito era in salotto che l’aspettava, seduto sul divano. Mentre lei si chinava a baciarlo, teneramente, Attilio le sollevò l’abito e la costrinse a disfarsene davanti a lui; la spinse fra le braccia del marito e, senza dirle una sola parola, la trafisse così, da dietro, nella vulva umida che ella gli aveva mostrato per tutto il viaggio e, mentre il marito la raccoglieva fra le braccia, lei stessa, senza alcun pudore e senza che lui le facesse alcuna domanda, cominciò a raccontargli cosa era successo in quei due giorni e, soprattutto, quella domenica. Glielo raccontava ansimando forte, sentendo dentro di lei tutta la potenza di Attilio che, in quel modo, le faceva sentire molto di più la dimensione della sua verga. Anche il fatto di esser presa così, mentre suo marito la tratteneva a se, all’impiedi, da dietro, da un uomo diverso, da uno che ella non vedeva e che poteva anche non essere Attilio… tutto la portava ad ansimare ancora più forte, a sconvolgersi in un orgasmo immenso, in una serie di orgasmi a ripetizione che ella stessa non ebbe più modo di contare, di trattenere, di invocare, di provare… dopo che Attilio si fu scaricato su di lei, la lasciò cadere addosso al marito, tramortita. Quando si riebbe, se ne era andato, erano soli, non c’era più nessuno fra loro. Le pareva tutto molto strano, perfino quel suo coccolarla, baciarla, carezzarla… s’aspettava che il marito la maltrattasse, la picchiasse, magari… invece… la portò in bagno, la lavò lui stesso del seme di Attilio, cosparso sul suo sedere e sulla schiena, le chiese se aveva fame. Lei non aveva fame, non di cibo, non ora; la portò in camera e la fece sdraiare sul letto, baciandole tutto il corpo.
    “Mi manderai ancora via con lui?”
    “Se vorrai, certamente…”
    “Mi lascerai far l’amore con lui anche qui, nel letto?”
    “Certo, perché no?”
    “Mi venderai ad un altro ancora?”
    “Tu lo desideri?”
    “Immensamente…”
    “Allora lo farò…”
     
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