Luisa, maestra di pompini

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    Memento audere semper

    Group
    Administrator
    Posts
    35,113

    Status
    Anonymous
    Bè, in qualche modo bisogna pur cominciare. Io, lo ammetto, all'inizio ero un po' un cazzone. Uscivo sempre con ragazze di buona famiglia, scarpa bassa e gonna sotto il ginocchio, e non c'era verso di battere chiodo. Sì, certo, a ventidue anni avevo trombato, ero un abile leccatore di fica, avevo anche avuto qualche fidanzata a cui il cazzo tutto sommato non dispiaceva, ma col senno di poi posso dire che una donna vera, no, non avevo ancora avuto la fortuna d'incontrarla.
    Ma andiamo con ordine.

    Quell'estate, come ogni estate di quegli anni, ero partito col campo Scout. Era il mio secondo anno da responsabile capo e ad aiutarmi avevo diversi assistenti più giovani, fra i 17 e 19 anni. C'era anche Giovanna, una che fin da quando era ragazzina veniva considerata la classica figa di rappresentanza: alta il giusto, mora, capelli a caschetto, il viso regolare a dir la verità un po' sovrastato da un naso importante, un culo rotondo e due gambe lunghe e magre. Ma soprattutto con due pere meravigliose: ad occhio e croce una quarta burrosa e invitante. Giovanna aveva un solo difetto, purtroppo grave: zero sicurezza nei propri mezzi e di conseguenza zero sensualità; nessun lampo di malizia, mai un vestito che la mettesse un minimo in valore.
    Ragionavo proprio su questo mentre avvolto nel poncho aspettavo che arrivassero i miei collaboratori per cominciare la riunione di fine giornata. Era il penultimo giorno di campo, i ragazzini erano già a nanna, e noi capi seduti intorno al fuoco dovevamo decidere cosa fare l'indomani. Giovanna mi passò davanti: no, niente, per quanto mi sforzassi di immaginarla nuda, quel suo sguardo neutro non riusciva ad accendere le mie fantasie. In verità mi stavo sbagliando, ma questa è un'altra storia.
    - "Mi ospiti sotto il poncho, che fa freddo?".
    A parlarmi è Luisa. Già, Luisa, me ne stavo dimenticando. Forse perché era con noi "in prestito" da un altro gruppo Scout, e stava ancora ambientandosi. Stava a Giovanna come il sole con la luna: era spigliata, sicura di sé, bionda con i capelli lunghi, un fisichino asciutto e sì, un bel paio di tette anche lei. Meno grosse ma decisamente più sfrontate, due belle pere da diciannovenne immuni dalla legge di gravità. Il viso era un po' particolare: i sopraccigli neri e severi contrastavano con la bocca piccola e rosa, un contrasto che nonostante cozzasse contro ogni armonia estetica ispirava una carica erotica non indifferente. Si sedette fra le mie gambe e si appoggiò su di me, coprendosi col mio poncho. Una posizione innocente da scout: ma quella sera, forse per via dei miei pensieri su Giovanna, forse per l'occhiata furbetta che mi lanciò Luisa, colsi nel'aria
    Adv
    qualcosa di diverso. Era così o me l'ero immaginato? Stavo giocando col fuoco: le regole del mio gruppo scout erano rigidissime, noi responsabili non potevamo uscire con le ragazze più giovani, pena l'espulsione ed il conseguente sputtanamento a vita.

    Iniziai la riunione presentando il programma del giorno successivo, e facendo questo, sotto il poncho, abbracciai Luisa dolcemente fra l'ombelico e i seni. Calcolai la posizione al millimetro: poteva sembrare che ci stessi provando come no. Dovevo solo capire come rispondeva. Lei trasalì ma non si mosse; anzi, dopo il primo istante di sorpresa mi sembrò addirittura che si stesse rilassando. Allora, fingendo un innocente scossone per sistemarmi meglio, scivolai verso l'alto con le mani, arrivando a sfiorarle impercettibilmente i seni. La mossa riuscì, ma il cazzo traditore stava cominciando a svegliarsi, rischiando di far precipitare la situazione. Proprio in quel momento Luisa si mosse: sentii una pressione all'inguine, si era spostata all'indietro premendo il bacino sull'uccello. La mia mazza indurita le si spiaccicò sulla schiena. Aaah, che figura di merda, pensai trattenendo il respiro. Ma invece di ritrarsi imbarazzata, Luisa si appoggiò languidamente sul mio petto con un sospiro soffocato.
    L'inatteso sviluppo mi diede quasi le vertigini, col cuore che mi batteva all'impazzata le misi le mani sulle tette. Sentii una carezza d'approvazione sulla coscia. Ancora frastornato cominciai una viziosa esplorazione di quel caldo corpo; mi intrufolai sotto il golf, poi sotto la camicia raggiungendo la pelle del ventre, tesa e liscia. Scivolai fino al reggiseno, che cominciai a far scendere quel poco da liberare i capezzoli. Mi concentrai su di loro, pizzicandoli e tirandoli. Lei mi diede un'occhiata da troia che ricordo ancora adesso, mentre cercava di mantenere la calma per non far vedere agli altri seduti intorno a noi quanto era eccitata. Dopo qualche minuto di discrete palpate sotto il poncho, mi venne un'idea:
    - "Luisa, facciamo a cambio che sono stanco".
    Ci invertimmo: ora toccò a me essere seduto fra le sue gambe, appoggiato sulle sue tette dure. Come immaginavo, non avevo ancora finito di coprirmi per bene col poncho che sentii delle dita armeggiare esperte intorno alla cerniera dei miei pantaloni. Aperto il varco, raggiunsero velocemente il cazzo. Sentii un tocco fresco scendere giù fino ai coglioni in fiamme e risalire leggero lungo l'asta, liberandola completamente da ogni intralcio. Scese di nuovo, lentamente, questa volta dandomi una bella strizzata alla verga. Si avvicinò al mio orecchio e cominciò a mugolare golosamente tenendomi ben stretta l'asta con la mano: soltanto dal modo voglioso con cui la impugnava, e dal movimento esperto con cui aveva cominciato a segarmi, capivo che avevo finalmente trovato una vera donna. Mi lasciai andare, e pazienza se probabilmente agli altri non sembravo particolarmente presente quella sera. Luisa aveva preso un buon ritmo e mi stava portando all'orgasmo, tornai in me appena in tempo bloccandola prima del patatrac, e lei non mancò di farmi capire il suo disappunto.
    Finalmente la riunione finì e mentre tutti andavano a dormire facemmo in modo di restare da soli.
    - "Ho sempre sperato che ci provassi con me, ma pensavo di non piacerti", mi disse prima di infilarmi la lingua in bocca.
    Ci baciammo con passione, ma fummo interrotti dai richiami degli altri. Dovemmo rimandare il più bello all'indomani. Fu credo la giornata più lunga della mia vita. Aspettavo con eccitazione crescente la notte, e Luisa non perdeva occasione per strusciarsi e lanciarmi sguardi da porca.

    Finalmente la giornata si chiuse, aspettai che tutti dormissero per sgattaiolare dalla tenda e raggiungerla nel boschetto vicino. Quando arrivai, la trovai seduta contro un albero che si masturbava a cosce aperte.
    - "Non ti dispiace se mi sono portata avanti?", mi chiese con la voce arrochita dal godimento.
    Era splendida. La sua fica aveva un piccolo ciuffetto biondo scuro, e osservavo eccitato il suo medio frullare intorno al grilletto, immergersi nell'antro del piacere per uscirne gocciolante di umori e ricominciare a massacrare il clitoride. Mi sedetti accanto a lei ad osservarla in silenzio, la cosa evidentemente la arrapò ancora di più: accelerò il ritmo del ditalino e in pochi attimi la vidi contrarsi in uno spasmo liberatorio. Rallentò sazia e inebetita e decisi di prendere in mano la situazione: lentamente le aprii la camicia, i suoi occhi seguivano desiderosi ogni mio movimento. Eccoli i due seni fantastici, pallidi alla luce della luna con due timidi capezzoli appena più rosa della pelle; inermi e in attesa delle mie rozze attenzioni. Li afferrai e mi riempirono le mani: potevo anche morire in quel momento, per me era già sufficiente. Non resistetti e la tirai verso me, tuffandomi impaziente fra le sue tette. Le tenni ben strette mentre passavo la ruvida lingua sui capezzoli induriti come bottoni. La sentivo scaldarsi velocemente, e capirlo non faceva altro che aumentare i miei sforzi per eccitarla. Era uno sballo, e non capivo più niente. Rotolammo sul prato. Mi salì sopra bloccandomi le spalle a terra e sbattendomi le tette sul viso, poi mi infilò in bocca le dita con cui si era appena sditalinata, il fragrante aroma del suo sesso mi investì come un treno.
    - "Leccami", mi chiese.
    Scivolò in avanti inginocchiandosi sulla mia faccia. Sentii il calore delle cosce sulle guance e l'afrore della sua fica bagnata davanti al naso. Cominciai a leccarla voracemente, e dopo poche lappate Luisa era già in orbita. Cominciò a muovere il bacino scompostamente, spingendomi sempre più la fica in bocca. Mi teneva la testa fra le mani e se la schiacciava sull'inguine, in pratica mi stava scopando la faccia. E godeva, godeva come una vacca.
    - "Aaaah, sì, aaah, aaah". Esplose in un orgasmo spaventoso e allentò per un attimo la presa mentre si accasciava squassata dal godimento. Ne approfittai per riprendere il controllo, la buttai giù e le aprii le cosce bianche, infilandole due dita nella fica. Affondarono come nel burro; l'orgasmo che si stava esaurendo riprese intensità. Mi gettai sul grilletto e glielo succhiai avidamente: la sentii venire ancora. A quel punto mi staccai.
    - "Fantastico", commentai.
    - "Fantastico davvero", rispose lei ansimando, "Ora però tocca a me".
    La mia vita cominciò in quell'istante. Dopo nulla fu più simile, Luisa mi stava aprendo le porte della percezione. Mi diede l'imprinting. Un marchio che mi porto dietro da allora: toglietemi tutto, ma non i pompini.
    Mi buttò indietro e cominciò a leccarmi i capezzoli. Con una mano mi abbassò i calzoni della tuta, e il cazzo rimbalzò come una molla sul mio ventre, con una gocciolina umida sulla cappella.
    - "Mmmh sì, non mi ero sbagliata allora", disse fissandomi la mazza. Si passò la lingua sulle labbra e mi lanciò uno sguardo minacciosamente voglioso, mi sentii all'improvviso completamente indifeso. Si abbassò sul mio petto: scendeva piano piano baciandomi prima i capezzoli, poi l'ombelico, finché non fu accanto alla punta dell'uccello. Sapevo quello che stava per succedere, lei mi tenne un eterno istante sulla corda, poi nel giro di un secondo successe tutto: si abbassò ancora, poggiò la lingua alla base dell'asta e salì velocemente, inghiottendomi la punta del cazzo. Si puntellò con le mani e affondò la testa sul bastone di carne. Qualcosa di caldo mi esplose nella cappella, e un'onda di benessere mi percorse tutto, togliendomi ogni forma di reazione. Ritrasse la nuca, risucchiandomi il cazzo all'indietro e di nuovo sentii quella sensazione fantastica. Ero senza fiato e quello era stato solo il primo round. Le esplosioni cominciarono a susseguirsi ad un ritmo costante, con un'intensità sempre maggiore: mi stupisco che mi ricordassi di respirare, mi sembrava di osservare la scena da fuori del mio corpo.
    Avevo scopato, prima, eccome. Avevo anche ricevuto la mia dose sindacale di boccaponci, ma sempre con ragazze a cui la cosa evidentemente faceva un po' schifo. Qui era un'altra questione. Luisa gemeva eccitata mentre mi spompinava, sentivo dal respiro che era arrapatissima. Ad un certo punto mi piantò negli occhi uno sguardo offuscato dal piacere che mi scosse l'anima: il mio io fuori dal mio corpo vide una meravigliosa bionda col mio cazzo in bocca che mi fissava stravolta dal godimento. Fu il culmine.
    - "Vengo!", mi sentii rantolare con la voce mozza.
    Lei rispose con un grugnito ma non si staccò, anzi, mi artigliò i fianchi.
    - "Vengo!" ripetei tornato in me. Inutilmente: Luisa accelerò il ritmo delle pompate. "Vengooo!", la avvertii un'ultima volta impotente.
    - "Mmmmmmhhh!", rispose lei.
    - "Veen...".
    Non terminai. L'orgasmo mi proiettò in una dimensione parallela mai esplorata prima. Ebbi l'impressione di fluttuare nel vuoto per un istante, poi in un lampo di luce venni risucchiato sulla terra e una bomba di piacere intensissimo mi frantumò la schiena: ebbi delle convulsioni devastanti mentre le sparai in bocca un torrente di sperma ustionante dalla potenza paurosa. Luisa non si mosse di un millimetro, tenendo ben ferma la cappella fra le labbra ed accogliendo ogni centimetro cubo di quel fiume di sborra. Mentre venivo, una sensazione nuova mi raggiunse dai lombi: guardai in giù, e vidi dalle contrazioni del suo viso che stava inghiottendo tutto. Solleticati dal piacevole risucchio, gli spasmi durarono un'eternità; Luisa mi tenne l'uccello in bocca fino a che non finirono, appoggiandolo poi delicatamente sul mio ventre. Era perfettamente pulito.
    - "Scusa", farfugliai imbarazzato rompendo il silenzio irreale.
    - "Guarda che ti ho sentito. Se non mi stacco vuol dire che a me va bene così", mi sgridò sorridendo.
    - "Ah...", mi giustificai, poi mi accorsi che un monosillabo non era sufficiente: "Non me lo aveva mai fatto nessuna così. E' stato incredibile".
    Scoppiò a ridere e mi baciò contenta. Sentii il gusto della mia sborra sulla sua lingua.
    - "E' piaciuto anche a me. Ma era un normale pompino con ingoio, mi sa che devi recuperare un po' se ancora non te l'aveva fatto nessuna".
    Se questo era quello normale... pensai.
    - "Considerami volontario per i corsi di recupero", risposi,"conta su di me. Ma non su di lui". Indicai la mia verga in stato comatoso.
    - "Ma allora non hai capito nulla", mi lanciò un sorriso di sfida che mi diede i brividi.

    Ci baciammo, e mentre le lingue si esploravano sentii le sue dita raggiungermi i coglioni e cominciare un delicato massaggio. Le nostre labbra si staccarono e lei si sdraiò sul mio petto appoggiando il viso sull'ombelico, a pochi centimetri dall'uccello. Le sue lunghe dita affusolate impugnarono allora dolcemente l'asta e cominciarono a menarla piano. Mi sorpresi a riconoscere il famigliare formicolio alla base del cazzo che preannunciava l'erezione. Senza spostarsi di un centimentro, Luisa diresse l'uccello verso il suo volto, tirò fuori la lingua quel tanto da arrivare a toccare la cappella e continuò lentamente a segarmi. Avvertii una scossa. Le afferrai i seni e li palpai brutalmente, lei iniziò a gemere, eccitandomi ancora di più. Sentivo l'arnese riprendere forma, riempiendole la mano e cominciando a colmare la breve distanza che lo separava dal viso di Luisa. Adesso non c'era più bisogno di allungare la lingua: il cazzo premeva contro le sue labbra e in poco tempo fu obbligata ad aprire la bocca per fargli spazio. Mi avvolse la cappella in una vellutata sensazione di caldo umido, senza smettere di segarmi dolcemente: in un paio di minuti mi ritrovai di nuovo con la mazza dura. Lei si sollevò e la osservò soddisfatta, un filo di bava le colava dalle labbra.
    - "Ora ci si può lavorare", commentò ansimando.
    Si portò l'asta sul petto e mi strinse sofficemente l'uccello fra le tette, cominciando una fantastica spagnola. Vedevo la mia verga sparire e ricomparire fra quei due meloni schiacciati l'uno contro l'altro, mentre le dita di Luisa affondavano nella carne soda dei propri seni, strizzandosi i capezzoli. Mi guardava eccitata e padrona, cercando sul mio viso i segni del piacere. Non doveva essere una ricerca difficile: stavo godendo come mai prima. D'istinto le infilai un dito in bocca, e la cosa la eccitò incredibilmente, gli si gettò famelica contro cominciando a succhiarlo come se fosse un secondo cazzo; con l'altra mano la bloccai per la nuca e cominciai a fotterle la bocca con due dita. Mi fissava stravolta dall'eccitazione, mollò i propri seni e si portò una mano fra le cosce mentre i grugniti di piacere diventarono quasi guaiti.
    Allora le presi le tette e diressi io la spagnola. Il tocco rude di un uomo sui propri morbidi seni, il cazzo caldo e durissimo che pulsava prigioniero sul petto a pochi centimentri dal viso, la fica che veniva stantuffata dalle proprie dita: tutto contribuì a sortire l'effetto; la sentii vibrare in un orgasmo intenso, mi crollò addosso ansimando e sottolineando ogni contrazione con un gemito, quasi un rantolo.
    Mi prese una mano e se la tenne schiacciata fra le cosce fradice, la masturbai con calma accompagnandola negli spasmi finché non rallentarono, poco a poco, fino a calmarsi. Mi leccò la mano bagnata dei suoi umori e mi diede un lungo bacio soddisfatto. Il cazzo mi faceva male da quanto era dura e reclamava la sua parte. Mi lesse nel pensiero:
    - "Scoperemo un'altra volta, ora voglio succhiartelo per bene".
    Si chinò decisa sull'uccello e lo prese in bocca. Le esplosioni sulla cappella ricominciarono, ma stavolta avevo tutta l'intenzione di godermele a lungo, approfittando di essermi svuotato per bene prima. Anche Luisa si godeva il secondo pompino con più calma: si gustava la verga lavorandola di lingua e di mano, e assicurandosi che non mi stessi perdendo un istante dello spettacolo. Mi leccava tutta l'asta, concentrandosi sulla cappella dove mulinava la lingua mugolando. Si appoggiava l'uccello sulle labbra, a bocca aperta, e mi segava fissandomi vogliosa negli occhi e inghiottendolo non appena mi vedeva sufficientemente stravolto dal piacere. Ero completamente in suo potere. Mi tenne lì, rallentando e accelerando come piaceva a lei, in una tortura fantastica.
    Sentii l'orgasmo partire dal profondo e attraversarmi in un istante spazzando via ogni altra percezione. Luisa non aspettava altro: attese i getti di sperma a bocca aperta e ansimò vittoriosa appena il primo schizzo la centrò. Le venni in faccia, sui capelli, sulle tette, ovunque. "Vieni, vieni, vieni...", diceva come in trance massaggiandomi i coglioni, mentre continuava a ricevere bordate di sborra sul viso. La osservai intontito, prima di crollare stremato: una bionda oscenamente glassata che parlava col mio cazzo ormai esausto, cercando di fargli espellere anche l'ultima goccia di succo. Una vera maestra di pompini.

    Il giorno dopo il campo finì, ma la sera stessa del ritorno la sua bocca era già di nuovo al lavoro sul mio uccello, il quale non ci mise molto per trovare la strada della sua calda fica. Quell'estate sperimentai tutto il repertorio dei pompini di Luisa e non solo quello. Anche lei scoprì qualcosa, ma questa - come ho già detto - è un'altra storia.
     
    .
0 replies since 22/5/2009, 00:58   4042 views
  Share  
.
Top