Mappe concettuali per esami di terza media...

Collegamenti tra materie di esame 3 media, mappe e tesine

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  1. Francy.98
     
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    Voglio avere un consiglio:va bn le mappe :huh:
    1 Adolescenza:
    italiano ,il Fumo di Italo Svevo
    storia,ragazzi nel Fascismo
    geografia ,Aids
    cittadinanza,art 33-34
    scienze,la droga
    inglese ,Teenager
    francese,pret-a-surfer
    arte,Graffiti
    tecnologia,Telefono
    :caldo:

    2 Globalizazione/attualità:
    italiano,David e Mohammed
    storia,l'11 settembre
    geografia ,il villaggio globale
    cittadinanza,mondo globale e solidale
    arte,nuova archittetura
    francese,le Restoe du coeur
    tecnologia,telecomunicazioni
    :caldo:

    3Guerra e pace
    italiano,pensieri di Gandhi(nn tutti)
    storia ,guerra fredda
    geografia,USA
    tecnologia ,nucleare
    inglese,Gandhi
    attendo risposte.Grazie
    By Francy.98
     
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  2. sara aretti
     
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    la mia tesina:
    storia:seconda guerra mondiale
    scienze:vulcani
    spagnolo:un vulcano della spagna
    inglese:second world war
    ginnastica:??
    tecnica:telefono
    geografia:giappone
    musica:r.wagner
    che ne pensate chiedo aiuti per ulteriori modifiche grazie e scusate :)
     
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  3. cri 98
     
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    ciao a tutti!devo fare gli esami di 3 media e volevo sapere se potevo avere una tesina che abbia tutti i collegamenti con l unita d italia..help me!!
     
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    L’ Unità d’Italia

    Il Congresso di Vienna fu convocato il 22 settembre del 1814 dalle potenze (Austria, Gran Bretagna, Prussia e Russia) che sconfissero Napoleone Bonaparte con l’obiettivo di ripristinare l’assetto politico europeo presente prima delle campagne napoleoniche. A questo congresso parteciparono ben 216 delegazioni provenienti da tutta Europa, tra le quali anche la Francia con il ministro Talleyrand in veste di osservatore. Dominatore indiscusso del congresso fu il primo ministro asburgico Metternich. Il congresso si prefiggeva anche l’obiettivo di dare all’Europa un assetto stabile per impedire le mire espansionistiche della Francia. Vi era un solo modo per garantire la pace duratura in Europa: limitare il potere di ciascuna potenza in modo che nessuna di esse risultasse troppo rafforzata rispetto alle altre.
    Due furono i principi alla base del lavoro del Congresso:
    1. Il principio di equilibrio, volto ad impedire che uno Stato potesse imporsi sugli altri;
    2. Il principio di legittimità con il quale si restaurarono sui troni le dinastie regnanti prima delle campagne napoleoniche.

    L’Italia fu nuovamente divisa in tanti staterelli, perlopiù sotto il controllo diretto dell’Austria:
    • il Regno Lombardo - Veneto, sotto il dominio asburgico;
    • il Regno di Sardegna, comprendente Piemonte, Liguria e Sardegna, sotto il dominio Savoia;
    • i Ducati di Parma, Modena e Granducato di Toscana, governati da principi austriaci;
    • lo Stato della Chiesa retto da Papa Pio VII;
    • Regno delle due Sicilie, sotto i Borboni.

    La tendenza del Congresso fu quella di rafforzare l’assolutismo monarchico e di impedire la diffusione delle idee francesi. Lo spirito della restaurazione fu perciò antiliberale e volto alla negazione del principio di nazionalità (popolo sovrano).
    La risposta alla politica antiliberale del Congresso non si fece attendere i gruppi liberali, che chiedevano l’instaurazione di governi costituzionali, erano una minoranza politica e sociale che faceva capo principalmente ad esponenti intellettuali e della borghesia imprenditoriale. Questi gruppi non potendo operare alla luce del sole si organizzarono in società segrete con attività cospirativa clandestina. In Italia la società segreta più famosa era la Carboneria che aveva filiali in tutta la penisola. Negli anni 1820-1821, in Spagna, in Portogallo e in Italia scoppiarono dei moti insurrezionali promossi da gruppi liberali i quali, però, non ottennero l’appoggio delle masse popolari. Nella penisola iberica questi moti costrinsero i regnanti a promulgare delle Costituzioni. In Italia scoppiarono dei moti insurrezionali che interessarono il Regno delle Due Sicilie. I moti si dilagarono così tanto, che costrinsero i Borboni a concedere una Costituzione. Nel luglio del1820 la rivolta esplose anche in Sicilia dove il moto assunse, oltre al carattere costituzionale, soprattutto quello separatista. Il governo di Napoli inviò due generali il primo che per reprimere il moto, cercò di trattare con i rivoltosi, ma invano. Dopo l’insuccesso del primo generale fu inviato quindi un secondo rappresentante il quale sedò la rivolta nel sangue (settembre 1820). Animati dagli eventi accaduti in Spagna e nell’Italia meridionale, le società segrete lombarde e quelle del regno di Sardegna intensificarono la propria attività cospirativa, ma nell’ottobre del 1820 la polizia austriaca arrestò alcuni carbonari tra i quali Silvio Pellico. Federico Confalonieri, capo della setta segreta dei federati di Lombardia, decise di passare all’azione pensando di poter contare sull’appoggio di Carlo Alberto, principe di Carignano, il quale nutriva simpatie per i gruppi liberali. Il moto piemontese raggiunse proporzioni cos’ grandi tanto che il re fu Vittorio Emanuele I abdicò in favore di Carlo Felice il quale, trovandosi a Modena, affidò la reggenza a Carlo Alberto. Questi non sapendo come reprimere il moto concesse la Costituzione che sarebbe entrata in vigore a seguito dell’approvazione di Carlo Felice. Il re sconfessò l’iniziativa di Carlo Alberto e minacciò di unirsi alle truppe di Novara, fedeli alla Corona. In aprile Carlo Alberto al capo di un esercito piemontese e austriaco sconfisse i rivoltosi di Santorre di Santarosa a Novara; così si conclusero i moti rivoluzionari del 1820-21. In Italia l’attività cospirativa della carboneria non si era arrestata, ma era rimasta vitale soprattutto nell’Italia centrale. La carboneria, grazie ad Enrico Misley aveva preso contatti con il duca di Modena il quale era intenzionato a costruire uno Stato nell’Italia centro-settentrionale sfruttando i moti liberali. Nella rivolta diretta da Ciro Menotti furono coinvolte l’Emilia, la Romagna e le Marche. L’improvviso cambiamento dell’atteggiamento del duca di Modena, non giovò ai liberali infatti portò, all’arresto di chi dirigeva la rivolta ma non impedì lo scoppi di essa. Grazie a questi moti, in alcuni territori furono instaurati dei governi provvisori; l’esercito dei rivoluzionari, però, non riuscì a resistere alla reazione austriaca. Nell’Italia centrale furono così ristabiliti i sovrani preesistenti. Le cause principali dell’insuccesso di questi moti furono il mancato appoggio sia delle masse popolari che di una grande potenza. Uno dei protagonisti del movimento nazionale italiano fu Giuseppe Mazzini, membro della carboneria, il quale puntava alla costituzione di un’Italia “una, libera, indipendente e repubblicana”. Mazzini rifiutava l’idea di un’Italia federale; era convinto che uno Stato centralizzato avrebbe meglio rappresentato l’unità nazionale. Secondo Mazzini il popolo aveva come missione quella di portare a termine l’unità nazionale che non doveva essere realizzata da un sovrano italiano né con l’aiuto di una potenza straniera ma attraverso un’insurrezione popolare.
    Nel 1831 Mazzini fondò la Giovine Italia, un’organizzazione clandestina nazionale che doveva incitare alla lotta popolare. La visione mazziniana, però, andava di là dei confini nazionali: da ciò la nascita della Giovine Europa che fu fondata dallo stesso Mazzini nel 1838. Il metodo scelto da Mazzini per la lotta fu quello del ricorso ai moti insurrezionali che avrebbero innescato poi una sollevazione delle masse popolari preparate all’azione per mezzo della propaganda. I tentativi insurrezionali promossi dai mazziniani si trasformarono tutti in pesanti sconfitte. I motivi di tali insuccessi vanno principalmente ricercati nella propaganda di obiettivi che le masse popolari non comprendevano come propri e nell’incapacità di “convincere” le masse. Gli obiettivi indicati da Mazzini non coinvolgevano la stragrande maggioranza della popolazione costituita da contadini (Mazzini, ad esempio, non affrontava il problema della terra per loro fondamentale). In Italia, mentre i mazziniani “perdevano colpi” anche a causa del fallimento dei moti insurrezionali, si andavano affermando, guadagnando consensi, i liberali moderati la cui visione prevedeva un processo d’unificazione lento e senza spargimento di sangue: tale processo si sarebbe finito con la nascita di uno Stato federale. In Italia la rivolta scoppiò inizialmente a Venezia e a Milano che si ribellarono alla dominazione asburgica. Anche l’Italia meridionale fu investita da moti insurrezionali. A Palermo scoppiò una rivolta che costrinse Ferdinando II a concedere la Costituzione. La rivolta si propagò anche in altre città italiane costringendo i sovrani a concedere anch’essi la Costituzione. La rivolta milanese (conosciuta anche come le cinque giornate di Milano) fu guidata da Carlo Cattaneo e portò all’instaurazione di un governo provvisorio costituto dagli insorti. La vittoria milanese spinse Carlo Alberto (sul trono dal 1831) a dichiarare guerra all’Austria. A lui si unirono anche Pio IX, Leopoldo II e Ferdinando II; la guerra contro l’Austria divenne quindi una guerra nazionale (I Guerra d’Indipendenza 1848-1849). Per i personali interessi di Carlo Alberto l’intesa si ruppe presto. Il regno sabaudo, dopo qualche successo contro l’Austria, fu costretto a firmare l’armistizio con gli austriaci. Nel 1849 nell’impero asburgico, grazie all’esercito fedele alla corona, fu restaurata la vecchia monarchia. In Italia la fine della “guerra regia" diede inizio alla guerra del popolo. Purtroppo la guerra dei democratici ebbe dimensioni di gran lunga inferiori a quelle sperate da Mazzini. Nel regno delle due Sicilie i Borboni liquidarono la Costituzione prima concessa. Nello Stato pontificio, a seguito della mobilitazione dei democratici e dei liberali, sorse nel 1849 la Repubblica Romana governata da un triunvirato che intraprese una politica di laicizzazione dell’ex Stato pontificio. In Toscana, i democratici costrinsero Leopoldo II a fuggire a Gaeta dove già si era rifugiato Pio IX. Anche la Toscana fu governata da un triunvirato. Carlo Alberto, timoroso per la caduta di prestigio della monarchia sabauda, piuttosto che sottostare alle pesanti condizioni austriache imposte con la pace, decise di continuare la guerra. Una nuova sconfitta lo portò ad abdicare a favore di Vittorio Emanuele II. Intanto l’esercito austriaco occupò la Toscana consentendo a Leopoldo II di riprendere il potere. La repubblica Romana cadde per l’intervento di Luigi Napoleone erettosi a difensore dei cattolici per accappararsene l’appoggio. L’ultima a cadere, dopo una lunga resistenza all’assedio degli austriaci, fu la Repubblica di Venezia. L’unico stato italiano che non subì moti rivoluzionari fu lo Stato sabaudo. Alla guida del governo sabaudo vi era Camillo Benzo di Cavour, per il quale il regno di Sardegna, stringendo alleanze con potenze straniere, doveva cacciare l’Austria dalla penisola per poter costituire un vasto regno dell’Italia Settentrionale. Tale convinzione portò Cavour ad inviare in Crimea un contingente sardo; ciò consentì al regno sabaudo di partecipare al Congresso di Parigi dove Cavour sollevò la questione italiana. Di fronte all’ennesimo insuccesso dei mazziniani nella spedizione di Sapri, Cavour, nell’incontro segreto di Plombiers, decise di allearsi con la Francia. Secondo gli accordi stipulati, Napoleone III (Luigi Napoleone diviene imperatore nel 1852 con tale nome) sarebbe entrato in guerra a fianco del regno sabaudo solo se quest’ultimo fosse stato attaccato dall’Austria. In cambio la Francia avrebbe ricevuto Nizza e la Savoia. Cavour, per provocare l’Austria, fece disporre truppe sabaude lungo il confine con i territori austriaci. Dopo un ultimatum austriaco respinto da Vittorio Emanuele II, l’Austria attaccò il regno di Sardegna (II Guerra d’Indipendenza). Come da patti la Francia si schierò con Vittorio Emanuele II. Dopo una serie di vittorie delle truppe sardo-francesi, Napoleone III propose all’Austria un armistizio in quanto nell’Italia centrale esponenti filo piemontesi, saliti al potere, chiedevano l’annessione al regno sabaudo. Il 12 luglio 1859 a Villafranca fu siglata la pace tra Francia ed Austria. La pace prevedeva la concessione della Lombardia da parte dell’Austria alla Francia, la quale successivamente la consegnò all’Italia, e la restaurazione dell’ordine nell’Italia centrale. Nel 1860 nell’Italia centrale si tennero dei plebisciti con esito favorevole all’annessione al regno sabaudo. Terminava così la prima fase dell’unificazione pensata da Cavour. A questo punto entrarono in scena i mazziniani con l’organizzazione di una spedizione di mille volontari guidati da Giuseppe Garibaldi, avente lo scopo di fare insorgere le masse popolari meridionali. La spedizione partì da Quarto il 5 maggio 1860.Garibaldi, sbarcato in Sicilia, piegò subito la resistenza delle male armate truppe borboniche e, in nome di Vittorio Emanuele II, vi proclamò la dittatura. Dopo aver sedato nel sangue un moto contadino contro i proprietari terrieri iniziò la risalita verso Napoli. Garibaldi sbarcò in Calabria in località Rumbolo di Melito di Porto Salvo (19 agosto 1860) che costituisce la parte più a sud dell’Italia continentale. Nelle acque del mar Ionio, antistanti la dimora che scelse per le proprie truppe (oggi denominata Casina dei mille e che al tempo apparteneva ai marchesi Ramirez), era visibile sino a poco tempo fa la nave garibaldina “Torino” arenatasi durante lo sbarco frettoloso delle truppe, avvenuto sotto il fuoco nemico delle navi borboniche e la resistenza di uno sparuto gruppo di fedeli ai Borboni prontamente messo a tacere. Nella Casina dei mille Garibaldi dimorò un paio di giorni per far riprendere fiato alle sue truppe, sopportando anche l’attacco delle navi borboniche che non ebbe però alcun esito. Di tale attacco è testimonianza una palla di cannone ancora oggi visibile sul muro di un balcone della casina, mentre lo sbarco di Rumbolo è ricordato da una stele eretta nel punto esatto dello sbarco. Da Melito di Porto Salvo i mille risalirono attraverso l’Aspromonte sino a Napoli dove entrarono il 7 settembre 1860. Intanto, per paura che Garibaldi potesse giungere a Roma, Cavour inviò truppe piemontesi in Umbria e nelle Marche, occupandole. Le truppe quindi si misero in marcia verso Napoli pronte a scontrarsi con Garibaldi il quale però non era interessato a combattere contro di esse. Questi preferì attendere l’arrivo del re. Nel frattempo nell’Italia meridionale si tennero dei plebisciti per l’annessione al regno sabaudo, che ebbero esito favorevole. Il 26 ottobre 1860, con lo storico incontro di Teano, Garibaldi consegnò a Vittorio Emanuele II tutti i territori da lui liberati. In epoca immediatamente successiva anche le Marche e l’Umbria furono annesse al regno sabaudo per mezzo di plebisciti. L’unificazione nazionale prendeva così corpo, anche se essa non era ancora completa perché il Lazio rimaneva territorio papale e il Veneto era in mano austriaca. Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II era proclamato re d’Italia. Il nuovo Stato era molto fragile, infatti, istituzionalmente e giuridicamente, il Regno d'Italia venne configurandosi come un ingrandimento del Regno di Sardegna, esso fu, infatti, una monarchia costituzionale, secondo la lettera dello Statuto Abertino concesso a Torino nel 1848; il Re nominava il governo, che era responsabile di fronte al sovrano e non al parlamento; il re manteneva inoltre prerogative in politica estera e, per consuetudine, sceglieva i ministri militari (Guerra e Marina). Il diritto di voto era attribuito, secondo la legge elettorale piemontese del 1848, in base al censo; in questo modo gli aventi diritto al voto costituivano appena il 2% della popolazione. Le basi del nuovo regime erano quindi estremamente ristrette, conferendogli una grande fragilità. Con lo scoppio della guerra austro-prussiana del 1866, l’Italia si schierò con la Prussia con il premeditato intento di sottrarre il Veneto all’Austria (III Guerra d’Indipendenza). La guerra ebbe esito negativo per l’Italia, ma, grazie alle vittorie prussiane e alla pace di Vienna, il Veneto fu annesso al regno d’Italia. Per il completamento del processo d’unificazione mancava soltanto l’annessione dello Stato pontificio, operazione questa di difficile attuazione in quanto Pio IX non era in alcun modo intenzionato a rinunciare al potere temporale. Di fronte a questo rifiuto del papa, Garibaldi e i suoi volontari tentarono per due volte di occupare Roma ma Napoleone III, protettore dello Stato pontificio, glielo impedì. Con la caduta di Napoleone III a seguito della guerra franco-prussiana, truppe italiane guidate dal generale Cadorna entrarono a Roma dopo essersi aperti un varco presso Porta Pia (20 settembre 1870), ponendo fine al potere temporale del papa. Nel luglio 1871 Roma divenne la capitale del regno d’Italia.
    L’unità d’Italia si era finalmente realizzata.
    “Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani”
    Questa frase, coniata da Ferdinando Martini nel 1896 per sintetizzare un concetto di Massimo D’Azeglio (predecessore di Cavour alla guida del governo sabaudo), intendeva mettere in evidenza l’importante e difficile compito che spettava al nuovo governo del Regno d’Italia. L’Italia unita era un paese di 22 milioni di abitanti ed era molto arretrata sia socialmente che economicamente. L’80% della popolazione era analfabeta, l’economia si basava ancora sull’agricoltura e vi era un enorme divario tra Nord e Sud che originò la questione meridionale. Il nuovo governo, quindi, oltre a risolvere i problemi economici dell’Italia, doveva anche cementare un’identità nazionale ancora inesistente. Questa assenza di identità nazionale si manifestò nell’Italia meridionale con il brigantaggio e con rivolte popolari per la mancata distribuzione delle terre ancora nelle mani dei latifondisti. A questi problemi vanno aggiunti la maggiore pressione fiscale del nuovo governo italiano rispetto al precedente borbonico e l’introduzione della leva obbligatoria sconosciuta nell’Italia meridionale. A far fronte a queste difficoltà si trovò la Destra storica, raggruppamento erede di Cavour, espressione della borghesia liberal-moderata. I suoi esponenti erano soprattutto grandi proprietari terrieri e industriali, nonché militari. Gli uomini della Destra affrontarono i problemi del Paese con energica durezza: estesero a tutta la Penisola, gli ordinamenti legislativi piemontesi; adottarono un sistema fortemente accentrato, accantonando i progetti di autonomie locali, se non di federalismo; applicarono un'onerosa tassazione sui beni di consumo che gravava soprattutto sui ceti meno abbienti, per colmare l'ingentissimo disavanzo del bilancio. Con la loro concezione elitaria e pedagogica dello Stato, contribuirono ad allargare il fossato tra il Paese legale e il Paese reale; si disinteressarono delle condizioni delle classi popolari e del Sud, che rimase in condizioni di povertà e arretratezza. In politica estera, gli uomini della Destra storica vennero assorbiti dai problemi del completamento dell'Unità; il Veneto venne annesso al Regno d'Italia in seguito alla terza guerra d'indipendenza. Per quanto riguarda Roma, la Destra cercò di risolvere la questione con il metodo diplomatico, ma si dovette scontrare con l'opposizione del Papa, di Napoleone III e della Sinistra, che tentò di percorrere la via insurrezionale (tentativi di Garibaldi, 1862 e 1867). Nel 1864 venne stipulata con la Francia la Convenzione di settembre, che imponeva all'Italia il trasferimento della capitale da Torino ad un'altra città; la scelta cadde su Firenze, suscitando l'opposizione dei Torinesi. Nel 1870 Roma venne conquistata, e divenne capitale d'Italia l'anno seguente. Il Papa, ritenendosi aggredito, si proclamò prigioniero e lanciò virulenti attacchi allo Stato italiano, istigando per reazione un'altrettanto virulenta campagna laicista e anticlericale da parte della Sinistra. Il governo regolò unilateralmente i rapporti Stato-Chiesa con la legge delle guarentigie; il Papa respinse la legge e, disconoscendo la situazione di fatto, proibì ai cattolici di partecipare alla vita politica del Regno, secondo la formula «né eletti, né elettori» (non expedit). Dopo aver ottenuto una maggioranza schiacciante nelle elezioni del 1861, la Destra vide ridursi progressivamente i suoi consensi, pur mantenendo la maggioranza. Nel 1876 venne conseguito il pareggio del bilancio dello stato, ma gravi problemi rimanevano sul tappeto: il divario fra popolazione ed istituzioni, l'arretratezza economica e sociale, gli squilibri territoriali. Un voto parlamentare portò alla caduta del governo di Marco Minghetti, e al conferimento della carica di primo ministro ad Agostino Depretis, guida della Sinistra storica. Finiva un'epoca: solo pochi mesi dopo, Vittorio Emanuele II morì, e sul trono gli successe Umberto I.
    Letteratura
    Alessandro Manzoni
    (1785-1873)

    Alessandro Manzoni nacque a Milano nel 1785, dal conte Pietro, un uomo di mediocre cultura, ricco possidente del contado di Lecco e da Giulia Beccaria, figlia del giurista Cesare Beccaria, uno dei più illustri rappresentanti dell’Illuminismo lombardo, l’autore de Dei delitti e delle pene. In realtà — secondo un’ipotesi oggi comunemente accettata — Manzoni ebbe come padre naturale Giovanni Verri, che fu amante della madre. I genitori del Manzoni si separarono quando egli era ancora molto giovane. Per questo motivo dovette trascorrere l’infanzia e la prima giovinezza, fino al 1801, in collegi di padri Somaschi (prima a Merate, poi a Lugano) e Barnabiti (a Milano), dove ricevette un’educazione classica, ma subì anche l’arido formalismo e la regola tipica di quegli ambienti.
    Quando uscì dal collegio aveva sedici anni e idee razionaliste e libertarie. Si inserì presto nell’ambiente culturale milanese del periodo napoleonico, strinse amicizia con i profughi napoletani Cuoco e Lomonaco, frequentò poeti già affermati e noti come Foscolo e Monti. Trascorse questo periodo lietamente, tra il gioco e le avventure galanti, ma dedicandosi anche al lavoro intellettuale e alle composizioni poetiche: l’esempio più illustre è rappresentato dal poemetto Trionfo della libertà. Deluso dal giacobinismo scrisse sonetti e idilli, il più maturo dei quali sembra essere Adda (1803).
    L’anno successivo terminò la stesura di quattro Sermoni: Amore a Delia, Contro i poetastri, Al Pagani, Panegirico a Trimalcione, composizioni satiriche ricche di echi pariniani e alfieriani. Nel 1805 lasciò la casa paterna e raggiunse la madre a Parigi. Carlo Imbonati, compagno della madre dopo la separazione, era ormai morto. In suo ricordo, Manzoni scrisse un carme in 242 versi sciolti, intitolato In morte di Carlo Imbonati. Egli non aveva mai avuto un rapporto stretto con la madre, ma tra loro si creò ben presto una affettività intensa, che fu destinata a cambiare la vita dello scrittore. A Parigi frequentò ambienti intellettuali popolati da personaggi come Cabanys, Thierry, Tracy, di posizioni liberali e forte rigore morale. Il rapporto più importante, però, per Manzoni fu quello stretto con Claude Fauriel: attraverso un fitto scambio epistolare durato qualche anno, a poco a poco, questi divenne per il giovane Manzoni un importante punto di riferimento nella sua attività di scrittore.
    A Parigi, il contatto con ecclesiastici di orientamento giansenista incise anche sulla conversione religiosa. Sul suo ritorno alla fede cattolica, Manzoni mantenne sempre un certo riserbo e, per questo motivo, è quasi vano tentare di ricostruirne le fasi interiori. Dovette essere importante l’influsso della giovane moglie, Enrichetta Blondel, figlia di un banchiere ginevrino, conosciuta a Blevia sulle colline bergamasche. Anche la Blondel subì un rivolgimento interiore significativo: sotto la guida dell’abate genovese Eustachio Degola, si avvicinò al cattolicesimo e fece battezzare col rito romano la primogenita Giulia Claudia, convincendo il marito, in seguito, a risposarsi con rito cattolico. Precedentemente, infatti, il loro matrimonio era stato celebrato con rito calvinista. È da dire che, in Manzoni, la conversione si accompagnò al primo manifestarsi di certe crisi nervose, che poi lo angustiarono per tutta la vita.
    Nel 1810 lo scrittore lasciò Parigi per tornare definitivamente a Milano. La sua visione della realtà era ormai completamente improntata al cattolicesimo. Il mutamento si ripercosse anche sulla sua attività letteraria: smise di comporre versi dal tono classicheggiante, (l’ultimo esemplare rimane Urania, un poemetto del 1809) per dedicarsi alla stesura degli Inni sacri ( 1812-1815), che aprirono la strada ad una successiva produzione di stampo romantico, oltre che storico e religioso.
    Una volta tornato in Italia, poi, Manzoni condusse la vita del possidente, dividendosi tra la casa milanese e la villa di Brusuglio. La sua esistenza fu dedicata allo studio, alla scrittura, alle intense pratiche religiose, alla famiglia che, nel frattempo, diveniva numerosa. Fu vicino al movimento romantico milanese e ne seguì tutti gli sviluppi (un gruppo di intellettuali si riuniva a discutere a casa sua), ma non partecipò mai, direttamente, alle polemiche con i classicisti e declinò l’invito a partecipare al «Conciliatore».
    Anche nei confronti della politica ebbe un atteggiamento analogo, di sinceri sentimenti patriottici e unitari, seguì con entusiasmo gli avvenimenti del 1820-1821, ma non vi partecipò attivamente e non venne colpito dalla dura repressione austriaca che ne seguì. Sono questi gli anni di più intenso fervore creativo, in cui nacquero le odi civili, la Pentecoste, le tragedie (Il conte di Carmagnola, Adelchi), le prime due stesure de I promessi Sposi (inizialmente intitolato Fermo e Lucia), oltre alle Osservazioni sulla morale cattolica, al Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, ai saggi di teoria letteraria sulle unità drammatiche e sul Romanticismo.
    Con la pubblicazione de I promessi sposi nel 1827, si può dire concluso il periodo creativo di Manzoni. Successivi tentativi lirici, come un inno sacro sull’Ognissanti, rimangono incompiuti. Manzoni tese sempre più a rifiutare la poesia considerata “falsa” rispetto al “vero storico e morale”. Conseguentemente, approfondì interessi filosofici, storici e linguistici. L’amicizia con Claude Fauriel venne sostituita da quella con Antonio Rosmini, un filosofo cattolico, che presto divenne la sua guida spirituale. Negli anni della maturità, la vita di Manzoni fu funestata da crisi epilettiche, una serie interminabile di lutti (la morte della moglie, della madre, di parecchi dei figli) e dalla condotta dissipatrice dei figli maschi. Nel 1837 si risposò con Teresa Borri Stampa, che morì poi nel 1861.
    Scrivendo nel 1842 Storia della colonna infame, Manzoni evita qualsiasi spunto narrativo, rimettendo in questo modo al lettore, posto di fronte alla crudezza di quanto accaduto, ogni giudizio. Il saggio è una cronaca asciutta e distaccata dei fatti che si svolsero intorno al processo ai presunti untori che ebbero la sfortuna di essere accusati di aver propagato la peste che sconvolse Milano nel XVII secolo
    Ormai lo scrittore era divenuto un personaggio pubblico, nonostante il suo atteggiamento sempre schivo e appartato. Durante le Cinque giornate, nel 1848, seguì con vigore gli eventi politici, pur senza parteciparvi attivamente e diede alle stampe Marzo 1821, per anni tenuta nascosta. Quando il regno d’Italia si ricostituì nel 1860, fu nominato senatore. Pur essendo profondamente cattolico, era contrario al potere temporale della Chiesa, e favorevole a Roma capitale. Nel 1861, infatti, votò a sfavore del trasferimento della capitale da Torino a Firenze, come tappa intermedia verso Roma. Nel 1872, dopo la conquista della città da parte delle truppe italiane, ne accettò la cittadinanza onoraria, con scandalo degli ambienti cattolici più retrivi. Negli anni della sua lunga vecchiaia fu circondato dalla venerazione della borghesia italiana, che vedeva in lui non solo il grande scrittore, ma anche un maestro, una guida intellettuale, morale e politica. Soprattutto il suo romanzo fu assunto nella scuola con tale funzione.
    Morì a Milano nel 1873, a ottantotto anni, nella casa di via del Morone, in seguito a una caduta che gli aveva provocato gravi sofferenze per due mesi. Gli furono tributati solenni funerali, alla presenza del principe ereditario Umberto. Verdi gli dedicò la sua Messa da Requiem al primo anniversario dalla morte. Fu sepolto nel cimitero monumentale della città.

    I promessi sposi

    I promessi sposi è un romanzo storico di Alessandro Manzoni, considerato il più importante romanzo della letteratura italiana e l'opera letteraria più rappresentativa del Risorgimento italiano. Ambientato nel 1628 in Italia, durante l'occupazione spagnola, fu il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. Benché l'ambientazione fosse stata scelta da Manzoni con l'evidente intento di alludere al dominio austriaco sul nord Italia, il romanzo è anche noto per l'efficace descrizione di alcuni episodi storici del XVII secolo, soprattutto dell'epidemia di peste del 1629-1631.
    Il romanzo di Manzoni viene considerato non solo una pietra miliare della letteratura italiana, ma anche un passaggio fondamentale nella nascita stessa della lingua italiana.
    L'opera
    Più che nelle liriche e nelle tragedie, la più compiuta realizzazione della nuova concezione della letteratura si può trovare nel romanzo manzoniano: I promessi sposi è l’opera che ha la più forte carica innovatrice nei confronti della tradizione letteraria italiana. Già nell’Italia del 1821, una decisione coraggiosa , di rottura , dati i pregiudizi retorici e moralistici che gravano sul genere, della mentalità classicista ritenuto “inferiore”, indegno di entrare nel campo della letteratura. Inoltre, Manzoni trova nel romanzo lo strumento ideale per tradurre in atto i principi che ispiravano la battaglia romantica per un rinnovamento della cultura italiana in senso moderno, borghese ed europeo. In primo luogo il romanzo risponde perfettamente alla poetica del “vero” dell’ “interessante” e dell’ “utile” , in cui Manzoni sintetizza l’essenza dei principi romantici: consente di rappresentare la realtà senza le astrazioni e gli artifici convenzionali propri della letteratura classicista, aristocratica e di corte; si rivolge non solo alla casta chiusa dei letterati, ma a un più vasto pubblico, perché, attraverso la forma di narrativa e il linguaggio accessibile, suscita facilmente l’interesse del lettore comune, in genere respinto da tragedie, odi e poemi epici, che trattano argomenti lontani dalla sua esperienza e sono scritti in una lingua ardua e inaccessibile; è anche facile da introdurre nella narrazione l’esposizione di idee , precetti, cognizioni varie: in tal modo , data anche la sua relativamente vasta diffusione, il romanzo risponde alle esigenze dell’impegno civile dello scrittore , e fornisce il mezzo per comunicare al lettore notizie storiche, ideali politici, principi morali, secondo quella concezione educativa e utilitaria della letteratura che i romantici lombardi ereditano dalla precedente generazione illuminista. In secondo luogo il romanzo, essendo un genere nuovo ignoto o quasi alla tradizione classica, permette allo scrittore di esprimersi con piena libertà , senza lottare con regole arbitrarie imposte dall’esterno. La principale di queste norme che Manzoni può dissolvere col suo romanzo è: la classica “separazione degli stili” , secondo cui solo ciò che è nobile ed elevato può essere rappresentato in forme serie e sublimi. Nelle tragedie Manzoni non aveva potuto evitare di seguire tale norma, per il per il peso de della tradizione che esigeva che i personaggi della tragedia fossero re o principi. Nel romanzo, invece, egli sceglie di rappresentare una realtà umile, ignorata dalla letteratura classica, o vista solo in una luce comica: violando convenzioni letterarie profondamente radicate , elegge a protagonisti due semplici popolani della campagna lombarda e rappresenta le loro vicende in tutta la loro profonda tragicità . la rappresentazione seria della realtà quotidiana è il tratto che meglio caratterizza il moderno realismo europeo. Ma la raffigurazione seria e problematica del quotidiano è possibile perché i personaggi sono immersi nella storia, ed acquistano profondità dalla tragicità che in essa insita. Il personaggio non è più posto su uno sfondo astratto, fuori del tempo e dello spazio reali, come nella tradizione classica, ma rappresentano in rapporto organico con un dato ambiente e un dato momento, in modo che nessun pensiero, sentimento o gesto si possa comprendere se non riferito a quel preciso terreno storico. Ciò porta con sé un’altra conseguenza: in opposizione alla tendenza classica a trasformare i personaggi in tipi generali, pure personificazioni di un tratto psicologici, di un concetto , di una passione, Manzoni rappresenta individui della personalità unica, inconfondibile, irripetibile, estremamente complessa e mobile, rivelando quella tendenza individuale e al concreto che è propria della cultura borghese moderna. Ne deriva ancora un corollario: il rifiuto di quella idealizzazione del personaggio, che è propria del gusto classico; specie i due protagonisti , pur essendo i portatori delle virtù considerate da Manzoni più alte,non cessano di essere due contadini, e della loro condizione conservano la mentalità, il linguaggio, i comportamenti. Il compenetrarsi di tutti questi elementi nei Promessi sposi fa sì che Manzoni , nella nostra letteratura del primo Ottocento , assuma una incalcolabile portata, quella di iniziatore della moderna tradizione del romanzo realistico in un paese culturalmente arretrato, chiuso nel culto di una grande tradizione ormai esaurita.


    Trama
    Al tempo della dominazione spagnola in Lombardia, tra il 1628 e il 1631, il signorotto di un paesino sul lago di Como , don Rodrigo, si è invaghito di una giovane popolana, Lucia Mondella, promessa sposa a Renzo Tramaglino. Per impedire il matrimonio tra i due ragazzi, don Rodrigo invia i suoi scagnozzi i “bravi”, a minacciare il parroco che lo dovrebbe celebrare , il pavido don Abbondio. Il prete obbedisce e, mantenendo il segreto sulle ragioni della sua titubanza, allontana Renzo venuto a prendere gli ultimi accordi per la cerimonia. Il ragazzo riesce però a scoprire la verità dalla serva del parroco, Perpetua. Cerca allora l’aiuto dell’avvocato Azzeccacarbugli che però glielo nega, spaventato dalla fama di don Rodrigo. Anche un tentativo di matrimonio a sorpresa fallisce, mentre don Rodrigo sta organizzando il rapimento di Lucia. I due giovani sono quindi costretti a scappare: aiutati da fra Cristoforo, Renzo fugge a Milano , Lucia e la madre Agnese si rifugiano in un convento di Monza. Qui le donne sono accolte da suor Gertrude che, costretta a farsi monaca a forza, ha una relazione con un losco nobiluomo locale, Egidio, il quale rapisce Lucia per conto di don Rodrigo e la conduce prigioniera nel castello dell’innominato , potente e malvagio signore della zona. Ma l’incontro con Lucia, così indifesa e ingiustamente perseguitata , e con il cardinale Federico Borromeo, acuiscono la crisi di coscienza da tempo in atto nell’animo dell’Innominato, il quale invece di consegnare la ragazza a don Rodrigo, la libera. Intanto a Milano Renzo viene coinvolto durante i moti popolari per il pane e, scambiato per capo della sommossa , viene imprigionato. Liberato a furor di popolo, fugge a Bergamo dal cugino Bortolo, mentre la Lombardia è devastata dalla guerra e dai lanzichenecchi e a Milano scoppia la peste. Venuto a sapere che Lucia è a Milano, ospite di donna Prassede e del dott. Ferrante, Renzo torna in città, ma ritrova la sua amata nel lazzaretto malata di peste e, in più, impossibilitata a sposarlo per via del voto di castità fatto alla Vergine in cambio della salvezza dalle grinfie dell’Innominato e di don Rodrigo. Interviene allora fra Cristoforo che scioglie Lucia dal voto. La ragazza guarisce dalla peste, che uccide invece fra Cristoforo e don Rodrigo, e può finalmente diventare la mogli di Renzo.




    Geografia
    Africa

    Dei sette continenti del mondo, l’Africa è il secondo per grandezza. Solo l’Asia è più grande. L’Africa ha una superficie totale di 30 milioni di chilometri quadrati, equivalenti a più di un quinto delle terre emerse del pianeta. È circondata da mari e oceani: il Mar Mediterraneo a nord, l’Oceano Atlantico a ovest, l’Oceano Indiano a est, il Mar Rosso a nord-est. L’Africa è unita all’Asia da una sottile striscia di terra, l’istmo di Suez.
    L’Africa è tagliata a metà dall’equatore compresa quasi tutta nella zona dei tropici, è caratterizzata dall’assoluto prevalere dei climi caldi. Si possono distinguere quattro fasce climatiche.
    La fascia centrale a clima equatoriale ha temperature molto elevate, escursione termica stagionale ridotta, piogge abbondanti per tutto l’anno. In questo ambiente predomina la foresta pluviale, ricchissima di specie di animali e vegetali.
    A nord e a sud di questa fascia centrale si estendono due fasce a clima tropicale, con temperature ancora elevate e piogge stagionali. Le foreste pluviali si trasformano in savane e praterie dove pascolano branchi di erbivori selvatici.
    La fascia successiva è quella delle regioni aride del deserto del Sahara a nord, e dei deserti del Kalahari e del Namib a sud. In queste regioni le temperature sono altissime e l’escursione termica annua e quella giornaliera sono notevoli, mentre le precipitazioni sono scarsissime.
    Infine nelle regioni del sud prevale il clima mediterraneo. In queste aree mitigate dal mare, compare la macchia mediterranea.
    A nord-ovest, in prossimità della costa atlantica e vicino al Mar Mediterraneo, si allunga il sistema montuoso della catena dell’Atlante. Nella fascia desertica del Sahara si innalzano il i massicci isolati dell’Ahaggar e del Tibesti; nella zona costiera del Golfo di guinea sorge il monte Camerun e all’estremità meridionale s’innalzano i Monti dei Draghi. Le aree poste ai margini della Rift Valley sono circondate dalle maggiore vette del continente: Kilimangiaro, Kenya e Ruwenzori.


    In Africa scorrono alcuni dei più grandi fiumi del pianeta. Con i suoi 6.695 chilometri di lunghezza, il Nilo è il secondo fiume più lungo del mondo dopo il Rio delle Amazzoni nell’America Meridionale. La sua sorgente nell’Africa centrale, vicino al Lago Vittoria, il Nilo scorre a nord e si getta nel Mar Mediterraneo. È una importantissima fonte d’acqua per i contadini e gli abitanti delle città.
    Un’ altro fiume importante dell’Africa è il Congo, che nasce nel cuore dell’Africa e scorre per molti Km prima di sfociare nell’Oceano Atlantico. Anche il fiume Niger, che sfocia nell’Oceano Atlantico. Un altro grande fiume africano è lo Zambesi, che scorre dalla regione centro-meridionale fino all’Oceano Indiano. Lungo il percorso le sue acque precipitano da un salto di oltre 100 metri, formando le spettacolari Cascate Vittoria.
    I tre laghi africani più grandi si trovano fra i primi dieci del mondo. Il Lago Vittoria, che come le cascate venne chiamato così nell’Ottocento in onore della regina inglese, è il terzo lago del mondo per grandezza. È situato su un alto tavolato dell’Africa orientale. Due sezioni della Rift Valley formano i margini del tavolato.
    Il Lago Vittoria è il più grande lago africano, e ha forma rotonda. I due laghi che lo seguono per grandezza, il Lago Tanganica e il Lago Niassa, sono lunghi e stretti, e sono situati esattamente nelle fenditure della Rift Valley. Sono più lunghi e profondi del Lago Vittoria, ma la loro superficie è minore.
    L’Africa è famosa per la sua natura. Molte persone da tutto il mondo la visitano per vedere da vicino gli elefanti, i leoni, le gazzelle e altri splendidi animali, che si trovano soprattutto in speciali riserve o nei parchi nazionali, dove sono protetti dai cacciatori di frodo.
    L’Africa ha una popolazione di circa 875 milioni di persone. Gli africani appartengono a centinaia di gruppi etnici diversi. Molti africani che vivono a sud del Sahara appartengono al gruppo bantu, come gli swahili dell’est e gli zulu del Sudafrica. Nei deserti del sud vivono i san, che dai coloni olandesei vennero chiamati boscimani (“uomini della boscaglia”).
    Nel Maghreb, che è la regione settentrionale del continente, a nord del Sahara, la popolazione è composta da arabi e da berberi. Nel Sahara vi sono anche gruppi di nomadi, i tuareg. In tutta l’Africa, circa 5 milioni di persone sono di discendenza europea, e circa 1 milione è di origine indiana.
    La maggior parte degli africani vive in villaggi o in piccole città. Solo una persona su cinque vive in grandi città; nonostante ciò, in tutto il continente ci sono diverse metropoli con più di un milione di abitanti. Fra queste troviamo Il Cairo in Egitto (la più grande città africana), Casablanca in Marocco, Johannesburg in Sudafrica e Nairobi in Kenya. Le città attraggono molte persone, che vi si trasferiscono dalla campagna in cerca di lavoro. Questo fenomeno sta causando l’aumento della popolazione urbana.
    In Africa si parlano più di mille lingue. Le lingue più diffuse appartengono al gruppo bantu, come lo swahili, il kikuyu e lo zulu. Nel Maghreb le lingue più parlate sono l’arabo e il berbero; l’hausa è la lingua più diffusa nell’Africa occidentale. Altre lingue africane sono il dinka e il masai, parlate nell’Africa orientale. In molti paesi, per effetto della colonizzazione, si parlano anche lingue europee, soprattutto l’inglese e il francese.
    La religione tradizionale africana è l’animismo, così detta perché si basa sulla credenza che gli spiriti della natura vivano negli alberi, negli animali, nelle montagne, nei fiumi e che quindi tutti questi elementi siano dotati di un’“anima”. Ne esistono molte varianti e ancora oggi è molto diffusa accanto al cristianesimo, all’islam, al protestantesimo. Vengono venerati anche gli spiriti degli antenati. La maggior parte degli africani si guadagna da vivere coltivando la terra. Più della metà della terra coltivata nel continente è utilizzata per un’agricoltura di sussistenza, cioè per le esigenze quotidiane delle famiglie dei contadini. Una parte dei prodotti è destinata di solito allo scambio o alla vendita, che avviene nei mercati locali. Nell’Africa si coltivano maggiormente: il frumento, l’avena, l’orzo, i datteri, gli agrumi, le olive, il mais, il sorgo, il miglio, il riso.
    In Africa è molto diffuso l’allevamento di capre, pecore, cammelli, cavalli e asini.
    In alcune regioni dell’Africa, come la regione meridionale però a causa della mosca tse-tse gli animali muoiono infettati dalla puntura di questa mosca.
    Lungo le coste africane si trovano molti villaggi di pescatori. Pesci come lo sgombro, la sardina e il tonno sono i più pescati; in parte vengono impiegati per il consumo locale, in parte vengono lavorati, inscatolati o trasformati in olio di pesce, per l’esportazione all’estero. Nei grandi fiumi del continente, e specialmente nei profondi laghi della Rift Valley, si pescano molti pesci d’acqua dolce.
    L’Africa è ricchissima di minerali, metalli e pietre preziose. È il settore economico più importante per l’esportazione all’estero. In Sudafrica si trovano le principali miniere di oro e diamanti del mondo, a cui si aggiungono l’amianto, il cromo, il carbone. L’Algeria, la Libia e la Nigeria sono fra i paesi africani più ricchi di giacimenti di petrolio.
    Dopo la seconda guerra mondiale, l’Africa vide lo sviluppo dei movimenti contro il colonialismo. Nei vent’anni seguenti, quasi tutti i paesi africani si liberarono dal dominio straniero, spesso al costo di dure lotte. Oggi il continente è composto da 53 paesi indipendenti. Tuttavia, l’indipendenza non sempre ha comportato un miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni africane e in molti paesi sono andati al potere governanti corrotti e violenti.
    All’inizio del XXI secolo, l’Africa è afflitta da molti gravi problemi. Guerre civili e siccità hanno diffuso povertà e carestia in molte zone del continente. La malnutrizione resta un grave problema in diversi paesi e le malattie, specialmente malaria e AIDS, continuano a mietere vittime tra la popolazione. Negli ultimi decenni, molti paesi africani si vanno spopolando anche per un’incessante emigrazione, che toglie altre risorse materiali e umane al continente. Per questi motivi, l’Africa è chiamata a volte il “gigante malato”.
    Sudafrica
    Il territorio sudafricano è quasi interamente occupato da un vasto altopiano, orlato da rilievi montuosi che raggiungono le massime elevazioni nel settore sud-orientale e che favoriscono un clima umido, con precipitazioni abbondanti e una vegetazione tropicale. Ai piedi di questi rilievi si estende una stretta fascia di pianure costiere. Nella regione costiera atlantica prevale un clima di tipo mediterraneo, con una piovosità ridotta e la caratteristica vegetazione a macchia. Qui sfociano i fiumi principali, tra cui l’Orange che ha un regime irregolare e un corso interrotto da numerose cascate. Procedendo verso l’interno, le piogge diminuiscono; le regioni diventano man mano più aride e prevale la savana.
    Oggi la popolazione sudafricana è composta al 78% bantu, al 10% da bianchi, 12% da meticci e asiatici. La densità della popolazione è piuttosto bassa. Gli abitanti sono concentrati nelle zone meridionali, che offrono condizioni climatiche e possibilità agricole più vantaggiose, specie lungo le coste. Nella parte orientale del Paese si trovano le regioni popolate dai neri, specialmente ai margini delle fertili terre occupate dai bianchi. L’incremento demografico e maggiormente sostenuto dalla popolazione di colore. La percentuale di popolazione urbana è tra le più elevate dell’Africa. Il principale centro è Città del Capo, la capitale legislativa, che sorge sulle sponde della Table Bay.
    Altra città importante è Johannesburg, un modernissimo centro finanziario e industriale della regione aurifera del Gautng, dove su trova anche la città di Pretoria, capitale amministrativa dello Stato. Sull’ Oceano Indiano sorgono Durban e Port Elizabeth.
    La colonizzazione europea ebbe inizio nella seconda metà del Seicento, quando gli olandesi fondarono una prima base mercantile presso il Capo di buona Speranza. I coloni olandesi (boeri) si spinsero verso l’interno, in cerca di terre da coltivare; alla fine de Settecento, l’arrivo degli anglosassoni li costrinse a penetrare nelle regioni più interne del Trasvaal e del Natal, dove la scoperta di importanti giacimenti minerari fu all’origine della sanguinosa guerra anglo-boera (1899-1902). La vittoria dell’impero britannico fu seguita dalla nascita, nel 1910, dell’Unione del Sudafrica: una federazione autonoma nell’ambito del Commowealt britannico.
    L’economia sudafricana è la più forte e la più sviluppata del continente. Fino alla prima guerra mondiale essa si basava principalmente sulle risorse minerarie (specialmente diamanti e oro), destinate all’esportazione, e sull’agricoltura. Dopo il 1945 l’industria manifatturiera ha registrato un rapido sviluppo ed è oggi il settore trainante. Un’altra area in forte espansione è quella dei servizi finanziari (il paese ha il settore finanziario più sviluppato dell’Africa subsahariana). Nel 2004 il prodotto interno lordo era di 212.777 milioni di dollari USA, pari a un PIL pro capite di 4.680 dollari USA.
    È tra le più sviluppate dell’Africa, anche se non mancano forti squilibri: da una parte le efficienti e produttive aziende agricole che attuano un’agricoltura di piantagione altamente specializzata; dall’altra parte un’agricoltura di sussistenza, praticata nei villaggi con metodi tradizionali e assai poco produttivi. Si coltivano: mais, canna da zucchero, frumento, orzo, sorgo, patate, avena e miglio. Fiorenti sono anche l’allevamento praticato a nord e a est, e la pesca.
    Il Sudafrica è un paese ricco dei diamanti e l’oro. Le principali aree di estrazione si trovano nel Gauteg, in Trasvaal e nell’Orange. L’estrazione e la commercializzazione di oro e diamanti sono controllate da alcune importanti multinazionali; il commercio dei diamanti, per esempio, è nelle mani della sudafricana De Beers.
    Il sistema delle vie di comunicazione è attivo ed efficiente, con ottime strade asfaltate, una buona compagnia aerea di bandiera e una discreta rete ferroviaria.
    Il turismo è particolarmente attivi e il Sudafrica è il secondo Paese africano , dopo il Marocco, per numero di visitatori













    Storia della musica
    Verdi, Giuseppe
    Verdi, Giuseppe il più grande compositore italiano nacque a Roncole di Busseto, Parma il 1813 nato da una famiglia contadina, studiò musica con l'organista della chiesa di Roncole e poi con quello della vicina Busseto. Gli esordi del giovane Verdi, non furono tra i più facili, sia dal punto di vista musicale (non fu ammesso al Conservatorio di Milano, per cui dovette continuare gli studi privatamente grazie al maestro d’opera Giovanni Lavigna ), sia dal punto di vista umano (la moglie e suoi due piccoli figli morirono quando egli aveva 24 anni, agli inizi della sua carriera). Le cose cambiarono improvvisamente nel 1842, dopo la prima, a Milano, del Nabucco. Nel giro di pochi anni il compositore raggiunse fama internazionale, che lo fece diventare il punto di riferimento del melodramma romantico. Alle radici del successo verdiano vi era il carattere romantico e popolare delle sue opere, che, pur non essendo di taglio prettamente politico, presentavano un legame chiaramente percepibile con l'acceso clima risorgimentale
    Scrisse 33 opere tra cui Nabucco, Lombardi alla prima crociata, Ernani, la “trilogia popolare” formata da Rigoletto, Il trovatore e La traviata , La forza del destino, Aida, Otello e Falstaff.
    Ricchissimo, famosissimo e generoso, si occupò, nella sua vita, anche di politica, e fece parte di vari governi. Fece costruire a sue spese la casa di riposo per gli artisti di Milano, tuttora funzionante grazie alle enormi cifre che lasciò a disposizione.
    Tra le composizioni non teatrali di Verdi figurano la Messa da Requiem (1874), scritta in memoria di Alessandro Manzoni, e il Quartetto in mi minore per archi (1875), unica opera strumentale di ampio respiro.
    Morì nel 1901. circondato dall’affetto e estimazione di tutti i suoi estimatori. Al funerale svoltosi in forma privata, seguì una celebrazione al quale assistettero oltre ottocentomila persone, accorse da tutta Italia per commemorare il grande genio musicale italiano dell’Ottocento.






    Storia dell’arte
    Il Romanticismo
    Il romanticismo si afferma in Europa intorno al 1830, presentandosi con caratteristiche diverse da nazione a nazione.
    Il romanticismo rivaluta le sfere della passione, dell'irrazionalità e del sentimento che erano state messe da parte in favore della razionalità nel periodo neoclassico, rivalutando anche, in questo modo, il genio individuale e l'ispirazione.
    Mentre il neoclassicismo si rifà all'arte classica, il romanticismo si rifà al medioevo che fino a questo momento era considerato un secolo buio e decadente.
    La poetica romantica si basa sul concetto che la natura non produce il bello ideale, ma immagini che possono ispirare due sentimenti fondamentali: il pittoresco e il sublime.
    Secondo le teorie di Burke il pittoresco e il sublime sono due opposti tra loro, il sublime non nasce dal bello, ma nasce dai sentimenti di paura e di orrore del vuoto e dell'infinito. Secondo Kant il sublime nasce dal conflitto tra sensibilità e ragione e dal sentimento di sgomento, di fragilità che prova l'uomo difronte allo spettacolo dei grandi sconvolgimenti e fenomeni naturali.
    Il pittoresco è la categoria estetica dei paesaggi e del sentimento della rovina che ispira la sensazione del disfacimento delle cose prodotte dall'uomo, ispirando allo spettatore commozione per il tempo che passa.
    In Italia il fenomeno romantico, che coincide con la fase storia del risorgimento (1820 1860), è meno sentito che nel resto d'Europa, sono del tutto assenti le tensioni mistico-religiose e il gusto per il tenebroso e l'orrido caratteristici del romanticismo dell'Europa del nord.
    Il sentimento civile e politico di questo periodo unifica tutte le arti, dalla letteratura alla pittura e alla musica.
    Insieme con la letteratura, la pittura è la forma d'arte più importante di questo periodo.
    Dal punto di vista dei contenuti, la pittura romantica si ispira in genere ai grandi temi storici, con preferenza per i momenti di lotta patriottica e popolare, per i fatti di cronaca e di vita quotidiana. Si afferma, inoltre, anche il genere del paesaggio.
    Protagonisti della pittura a carattere storico sono Francesco Hayez, Giuseppe Bezzuoli, Massimo D'Azeglio; i protagonisti della pittura di paesaggio italiana sono: Giacinto Gigante, uno degli esponenti della Scuola di Posillipo, e Antonio Fontanesi.
    Nell'ambito del romanticismo italiano è ancora da ricordare un altro movimento che viene chiamato la Scapigliatura che ha il suo maggiore esponente in Giovanni Carnovali detto il Piccio.
    Inglese
    Emily Dickinson

    British Romanticism used medievalism to escape the confines of urban life and industrialism, and it also attempted to embrace the exotic, unfamiliar and unreality with the power of the imagination and fancy. It emphasized intuition, imagination, and feeling and in British literature developed in a different form slightly later, mostly associated with the poets William Wordsworth and Samuel Taylor Coleridge, whose co-authored book Lyrical Ballads celebrated the direct speech derived from folk traditions. Emily Dickinson was one of the American greatest poets. She was born on 10th December, 1830, in the town of Amherst, Massachusetts. Emily belonged to a Calvinist family, but her religious experience could be more accurately reflected in the beauty of nature, and the experiences of ecstatic joy. She was a bright conscientious student. After a persistent cough, her father decided to remove her from college and bring her back home. Emily Dickinson wrote 1700 poems and many prolific letters that gave her the opportunity to contact other people. These letters show her love of language and are often not too dissimilar to her style of poetry. She died at the age of 55 from a disease, caused by a kidney degeneration. Despite Emily's seclusion and frail health, her poetry reveals that she did experience moments of great joy. Through nature and life she was able to enter into a mystic dimension beyond worldly distractions, but she was able to offer a concise and direct revelation of thought provoking ideas through a powerful command of language. Even critics of the poetry, who point to inconsistence in style and form, cannot deny the inherent power of her poetry and this explains the enduring popularity and success of her poetry.
    Francese
    Le Romantisme
    Le romantisme se présent d’abord comme refus du culte de la raison caractéristique du siècle des lumières. Les écrivains ne suivent plus la littérature traditionnelle et classique qui appartenait à un monde veille: les nouvelles circonstances politique et sociales opérée par la Révolution portent les écrivains vers une littérature passionnée qui exalte l’histoire nationale et les grands problèmes éternels (paix, la liberté, la démocratie). La littérature romantique est le règne de l’exaltation du moi du refus du monde extérieur : tout cela produit un ennui existentiel qui est appelée mal du siècle, c’est-à- dire la recherche d’une réalité au de là du monde réel.
    Un autre mythe typique du romantisme est celui du retour au monde de l’enfance, considéré comme un moment privilégié de la vie. La poète est appelle à devenir le guide du peu pli vers le liberté, la vérité et la justice. Il est le génie, dové d’une intelligence supérieures, qui devient la porte parole de Dieu en faveur de l’humanité.

    Il Romanticismo
    Il romanticismo si presente di accesso come rifiuto del culto della ragione caratteristica del secolo delle luci. Gli scrittori non seguono più la letteratura tradizionale e classico che appartenevano ad un mondo veglio: la nuova circostanze politica e sociali operata dalla Rivoluzione portano gli scrittori verso una letteratura appassionata che esalta la storia nazionale ed i grandi problemi eterni (pace, la libertà, la democrazia. La letteratura romantica è il regno dell'esaltazione dell'io del rifiuto del mondo esterno: tutto ciò produce una noia esistenziale che è chiamata male del secolo, questo essere-a - dire la ricerca di una realtà al di là del mondo reale. Un altro mito tipico del romanticismo è quello del ritorno al mondo dell'infanzia, considerato come un momento privilegiato della vita. Il poeta è chiamato a diventare la guida della poca piega verso la libertà, la verità e la giustizia. È il genio, dové di un intelligenza superiore che diventa la porta parola di Dio in favore dell'umanità.




    Educazione fisica
    La storia delle olimpiadi dai greci a De Coubertin
    Le olimpiadi nascono nel mondo greco e, la loro storia ci è narrata in larga misura dalle due opere ascrivibili ad Omero: L’Iliade e l’Odissea nelle quali si raccontano le vicende legate alla città di Troia, colonia greca. Nell’Iliade troviamo la narrazione del funerale di Paco, amico e fratello di Achille, durante il quale si inducono delle competizioni sportive in onore del defunto.
    Nell’Odissea, il capitolo dedicato allo sport, è quello che narra dell’incontro tra Ulisse ed una principessa, in seguito alla sua vittoria in alcuni giochi. Gli elementi distintivi degli sport nell’età antica sono l’essere riservati all’aristocrazia e l’essere istituiti in onore di qualche divinità o per onorare un defunto consentendogli un più agile passaggio nella vita ultraterrena.
    Si pensava, infatti, che il sangue ed il sudore versati in occasione di questi giochi fossero fonte di energia per il defunto. Quattro erano i giochi grandi che si svolgevano (non solo nell’Ellade, ma in tutte le regioni vicine e le colonie). Erano riservati ai cittadini di cultura greca.
    I quattro giochi grandi erano distinti in:
    • olimpici, dedicati a Zeus/Giove;
    • pitici o delfici, dedicati ad Apollo;
    • nemei, dedicati a Zeus/Giove;
    • istmici, dedicati a Poseidone/Nettuno.
    L' essere dedicati ad un Dio era tra le caratteristiche di questi giochi. La loro importanza era tale che gli anni cominciarono a contarsi a partire dalle Olimpiadi. In questo modo il 776 a.c. era chiamato il 1° anno dei primi giochi olimpici; il 775 a.c. 2° anno dopo i primi giochi olimpici; 774 a.c. 3° anno dopo i primi giochi olimpici; 773 a.c. 4° anno dopo i primi giochi olimpici; 772 a.c. 1° anno dei secondi giochi olimpici e così via. Il premio per questi giochi era solo simbolico, costituito da un ramoscello intrecciato a mo di corona, con il quale si cingeva il vincitore. Ma la vittoria aveva un enorme valore per l’atleta che, tornato a casa, era trattato da eroe e poteva rivestire importanti cariche nella vita sociale della città Stato di appartenenza. Per comprendere l’importanza attribuita a ciò, basti pensare che, in occasione dei giochi, erano sospese anche le guerre con la cosiddetta “Tregua Sacra”. I giochi si succedettero regolarmente sino al 200 a.c., successivamente si svolsero in maniera meno rigorosa sino alla loro definitiva sospensione nel 393 d.c. A decretarne la fine fu un editto dell’allora imperatore Teodosio, sotto l’influenza del vescovo di Milano Ambrogio (S. Ambrogio), essendo ormai la Grecia sotto la dominazione romana. I motivi della loro cessazione sono da ricercarsi nel fatto che rappresentavano riti pagani, quindi in contrasto con la religione Cattolica.La ripresa dei giochi dopo ben 2672 anni fu merito del barone Pierre de Coubertin, grande appassionato di sport che, con la sua perseveranza, ed investendo buona parte dei suoi capitali, riuscì nell'impresa di far risorgere il mito delle olimpiadi nel 1892
    Olimpiadi del 1896
    La storia olimpica ricomincia a scorrere alla fine del XIX secolo. Il 16 giugno del 1894, durante un congresso sui problemi del dilettantismo e del professionismo nello sport, il barone Pierre Fredi de Coubertin illustra il suo progetto: far rinascere le Olimpiadi. De Coubertin ottiene un grande successo e vengono decisi subito data, il 1896, e luogo, Atene, della prima edizione delle Olimpiadi moderne. Viene inoltre istituito il Comitato Olimpico Internazionale. Il 6 aprile, un lunedì di Pasqua, del 1896 è il grande giorno: dopo 1503 anni, davanti a 70.000 persone, le Olimpiadi tornano finalmente a vivere. Le notizie sulla rassegna ateniese, come del resto quelle sulle altre edizioni agli albori, sono piuttosto frammentarie e contrastanti. Basti pensare che anche il numero di partecipanti alle gare è tutt'altro che preciso, citando alcune fonti circa 250 atleti (tutti rigorosamente uomini), mentre altre portano il numero a circa 300, di cui quasi i due terzi greci. Gli albi d'oro di queste prime edizioni restano così un po’ approssimativi ed incerti, così come il reale svolgimento delle gare, problemi peraltro comprensibili, visto la portata e la novità dell'avvenimento. Quel che è certo è che ad Atene sono presenti ufficialmente 13 nazioni: Austria, Bulgaria, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Svezia, Svizzera, Ungheria, Australia e Stati Uniti. Ufficialmente non è presente l'Italia, anche se alcune fonti citano un tale Rivabella, che avrebbe partecipato a titolo personale nel tiro a segno. Un altro italiano avrebbe potuto partecipare alle Olimpiadi ed addirittura vincere nella maratona. Carlo Airoldi, questo il suo nome, saputo che l'Italia non avrebbe preso parte ufficialmente alla manifestazione, si organizza per un incredibile viaggio a piedi da Milano ad Atene. Percorrendo decine di chilometri al giorno giunge nella capitale greca in tempo per iscriversi alla maratona, ma il Comitato Olimpico non lo ammette. Airoldi, infatti, ha ricevuto un compenso di 15 lire per la vittoria nella gara Torino-Marsiglia-Barcellona. Viene così accusato di professionismo e per questo escluso dai Giochi, in cui vige la regola ferrea del dilettantismo. Al nostro eroe non resta che tornarsene amaramente a casa. Il suo record personale sui 40 km (che allora era la distanza della maratona) di 2 ore e 40 minuti gli avrebbe permesso di vincere la medaglia d’oro, perché il vincitore della maratona olimpica impiegherà 2 ore e 58 minuti. Ma tanti altri episodi particolari e curiosi, che oggi al cospetto dello sport ultraprofessionistico e iperorganizzato farebbero sorridere, caratterizzarono la prima edizione delle Olimpiadi moderne, come del resto quelle immediatamente successive. Il vincitore del lancio del disco, Robert Garrett, ad esempio, prima delle Olimpiadi non aveva mai visto un disco regolamentare. Il terzo arrivato nella maratona, il greco Spiridon Velokas, viene squalificato per aver percorso una parte della gara a bordo di un carro, mentre le gare di canottaggio sono annullate per un temporale. Nonostante tutto ciò le Olimpiadi di Atene si chiusero il 15 aprile con un bilancio decisamente positivo. L'appuntamento successivo viene fissato a quattro anni dopo a Parigi. Le gare di atletica leggera sono quelle che suscitano il maggior successo. A dominarle sono gli americani, con grande disappunto dei padroni di casa. E pensare che gli statunitensi sono giunti in Grecia con una squadra di appena 14 atleti, 13 dall'università di Princeton, guidati dal professor Slogane, membro del CIO, e uno dall'università di Harvard. Proprio quest'ultimo, James Bredan Connelly, passa alla storia per essere cronologicamente il primo campione olimpico dell'era moderna, vincendo, nella stessa giornata d'apertura, la gara del salto triplo. Gli americani dominano anche i lanci, con Robert Garrett che vince nel peso e nel disco, e nella velocità con Thomas Burke, che col suo nuovo sistema di partenza, con le mani appoggiate alla pista, vince 100 e 400 metri. Nel mezzofondo è un australiano, Edwin Flack, a togliere le speranze ai greci vincendo 800 e 1500 metri. I padroni di casa arrivano così alla maratona, la gara che chiude le Olimpiadi, senza aver ancora vinto un oro nell'atletica. La maratona, una corsa di 40 km, è stata inserita nel programma proprio per rendere omaggio ai padroni di casa, rievocando il leggendario Filippide, morto dopo aver percorso il tragitto tra Maratona e Atene per portare agli ateniesi la notizia della vittoria sui persiani. Logico quindi che i greci tengano in grande considerazione la gara, e ciò è dimostrato anche dal fatto che organizzano una maratona pochi giorni prima delle Olimpiadi per selezionare la miglior squadra possibile. Impreciso il numero degli atleti che partecipano alla gara: forse 13, forse addirittura 25, in gran parte greci, visto che gli atleti stranieri che sicuramente gareggiano sono solo 4. Si corre nel pomeriggio di domenica 12 aprile e nei primi chilometri la gara è condotta proprio dagli stranieri. Nella fase decisiva della gara, gli ultimi 10 km, però lo sparuto gruppetto di atleti non greci comincia a cedere, e ben tre sono costretti al ritiro. Dalle retrovie risale l'atleta di casa Spiridon Louis, che corre indossando il curioso gonnellino del corpo degli euzoni. Louis si invola verso la vittoria, inaspettata visto che nelle selezioni "preolimpiche" greche non era stato tra i migliori. Al momento del suo arrivo nello stadio il pubblico esplode tutto il suo entusiasmo: finalmente un greco vince una gara di atletica. Louis, da semplice portatore d'acqua quale era, diventa un vero e proprio eroe nazionale, viene coperto da onori e premi (ma ricordate lo sfortunato Airoldi?), il re di Grecia Giorgio I gli regala un carro e un cavallo. Eppure Louis continuerà a fare la vita di sempre nel suo villaggio, Amaroussion; unica eccezione nel 1936, quando sarà ospite di Hitler alle Olimpiadi di Berlino. L'atletica fa sì la parte del leone, ma anche dagli altri sport escono dei bei protagonisti. Uno su tutti il tedesco Carl Schumann che vince tre ori nella ginnastica, ma anche uno nella lotta greco-romana oltre ad un bronzo nel sollevamento pesi! Altri personaggi che entrano nella storia olimpica sono il francese Paul Masson e l'ungherese Alfred Hajos. Il primo è il protagonista delle gare di ciclismo con tre ori, il secondo diventerà un importante architetto, ma qui intanto vince due ori nel nuoto.
    Scienze
    Malaria
    La malaria (detta anche paludismo) è una parassitosi, ovvero una malattia causata da parassiti, provocata da protozoi del genere Plasmodium (Regno Protista, Phylum Apicomplexa, Classe Sporozoea, Ordine Eucoccidiida). Fra le varie specie di parassita Plasmodium quattro sono le più diffuse, ma la più pericolosa resta la Plasmodium falciparum con il più alto tasso di mortalità fra i soggetti infestati. Il serbatoio del parassita sono gli individui infettati cronicamente. I vettori sono zanzare del genere Anopheles. La malaria è la più diffusa fra tutte le malattie parassitarie, mostrandosi come una malattia febbrile acuta che si manifesta con segni di gravità diversa a seconda della specie infettante. La sua diffusione attuale non si limita alle aree tropicali dell'America del sud, dell'Africa e dell' Asia, ma anche sporadicamente negli USA e in altri paesi industrializzati per via del turismo effettuato nelle zone endemiche.
    Chinino
    Chinino Alcaloide derivato dalla corteccia dell'albero della china (Chinchona officinalis). È un efficace antipiretico e viene usato in molte malattie per abbassare la febbre. Fino allo sviluppo, in anni recenti, dei farmaci sintetici, costituiva l'unico rimedio noto per la malaria. L'efficacia del chinino venne probabilmente scoperta in Perù dai missionari gesuiti, che introdussero il farmaco in Europa intorno al 1640. In seguito, la diffusione dell'uso del chinino minacciò di causare l'estinzione degli alberi di china in America latina. Alla fine del XIX secolo, tuttavia, i tentativi di coltivare questa specie in altri paesi ebbero finalmente successo nelle Indie Olandesi (attuale Indonesia), dove la produzione di chinino dagli alberi coltivati risultò tanto superiore, sia in qualità che in quantità, rispetto a quella originaria latino-americana, che presto questi paesi conquistarono il monopolio del commercio di questa sostanza. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, a causa dell'invasione delle Indie da parte del Giappone, oltre il 90% della fornitura mondiale di chinino rimase bloccata. Pertanto, durante la guerra vennero sviluppati e prodotti grandi quantità di sostituti del chinino, per proteggere le truppe alleate dislocate in zone malariche. Nel 1944 i chimici statunitensi Robert Woodward e William Doering riuscirono a produrre sinteticamente il chinino. In certi casi il chinino naturale è, tuttavia, ancora richiesto, in quanto alcuni agenti eziologici della malaria sono resistenti alla forma sintetica.
    Tecnologia
    La ferrovia Napoli-Portici e la macchina a vapore
    Ferdinando II inaugurò la linea Napoli-Portici il 26 settembre 1839: era lunga appena 7 chilometri e 250 metri, ma era la prima in Italia. L'emozione fu tanta che, nel 'vedere la straordinaria macchina mossa dal vapore camminar sola e trarsi un seguito lungo di carrozze e di carri' la figlia di un alto funzionario ministeriale fu colta da prematuri dolori di parto durante il viaggio inaugurale e la dovettero portare in fretta a mettere al mondo un marmocchio.
    Il successo di quella prima linea fu tale che in un ventennio il regno di Napoli ebbe 200 chilometri di ferrovie. Al re, invece, la Napoli-Portici non piacque ed evitò di usarla a causa 'piccolo foro sotto il ponte della Maddalena'. Non gli piacevano le gallerie a causa, diceva, delle 'occasioni che davano ad immoralità'; le chiamava 'pertusi', buchi, e le proibì.
    Tra i problemi che l'avvento del treno pose alla corte di Napoli ce ne fu uno di etichetta: poiché durante il viaggio il macchinista era indipendente dai passeggeri Né c'erano sul treno dei dispositivi speciali che permettessero di comunicare con lui, il re si trovava nell'impossibilità di impartirgli eventuali disposizioni, come fermare, accelerare, rallentare e così via. Gli esperti del cerimoniale studiarono a lungo la questione, giacché era impensabile che un suddito potesse trasportare il re a suo piacimento. Il rimedio fu trovato tenendo un povero ferroviere sul predellino dello sportello del vagone reale, incaricato di trasmettere a cenni al macchinista gli eventuali ordini del sovrano. Il macchinista doveva semplicemente voltarsi indietro verso di lui con una certa frequenza.
    Il sistema era poco pratico e si rivelò anche pericoloso per il malcapitato costretto a restare appeso fuori dal vagone lungo la corsa. Il giorno che costui fu sorpreso da un malore e rischiò di cadere e lo salvarono per miracolo, il re rinunciò al privilegio di restare continuamente in contatto col macchinista.
    La macchina a vapore
    Le macchine o motrici a vapore forniscono lavoro meccanico sfruttando il movimento alternativo di uno stantuffo che si sposta all’interno di un cilindro nel quale si espande il vapore d’acqua surriscaldato. L’importanza storica della macchina a vapore è enorme in quanto la "rivoluzione industriale" fu resa possibile solo in seguito alla sua invenzione che fornì il primo metodo per produrre lavoro meccanico indipendentemente dalla disponibilità di corsi d’acqua o di venti di sufficiente potenza sin d’allora sfruttati.


     
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  5. cri 98
     
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    cosa poxo portare di inglese k nn sia emily dickinson e di francese k nn sia il romanticismo..xk nn l abbiamo fatto..
     
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  6. marcello
     
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    mi serve una mano... mi manca una materia per finire la scaletta degli esami di terza media eccola mi manca solo tecnologia: STORIA=I GUERRA MONDIALE GEOGRAFIA=GIAPPONE SCIENZA=I TERREMOTI ARTE=MONET ED.FISICA=BANDIERA OLIMPICA LETTERATURA=MONTALE MUSICA=CLAUDE DEBUSSY E L'IMPRESSIONISMO INGLESE=INGHILTERRA FRANCESE=FRANCIA AIUTATEMI!!!!!!!!!!!!!!!! :( :( :(
     
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  7. chiarettina
     
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    Ciao scusate....Sapreste dirmi cosa poso mettere nella 1 guerra mondiale di Geografia scienze e tecnica ! Ho messo
    italiano : ermetismo e giuseppe ungaretti
    musica : giacomo puccini
    arte: picasso e cubismo
    ed.motoria : pallavolo
    inglese: Martin Luter king
    tedesco : La germania........ Perfavore ho bisogno di aiuto fra una settimana ho gli esamiiiiii !!!
     
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  8. cri 98
     
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    ciao a tutti =) potete darmi una tesina riguardante gli ebrei e collegata in ttt le materie! x favore!
     
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  9. Eri1998
     
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    Ciao!! Mi riuscite ad aiutare con la mappa d esame??devo farla su imperialismo e neocolonialismo
    (storia) ,avrei preparato questa ma non so se è corretto:
    Geo:Africa e Sudafrica
    Scienze:rocce
    Tec:oro
    Ingl : Martin Luther King
    Mus: i work song
    Italiano : ??????
    Francese:????
    E.fisica:mondiali in Sudrafica 2010
    Arte:Picasso e le maschere africane.
    Help!!!!grazie (sono nuova non so neanche se era da scrivere qui,perdonatemi)
     
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  10. Manidifata
     
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    Ascolta, se io porto

    MUSICA: pianoforte
    STORIA:1gruerra mondiale
    LETTERATURA:ungaretti
    geografia : america
    tecnica : carbone
    arte : ???
    scienze : ??
     
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  11. Manidifata
     
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    INGLESE?
     
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  12. jcom
     
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  13. Selena22
     
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    Ciao scusate, so che è passato molto tempo ma aiutereste anche me?? Io vorrei portare:
    1)(Storia) Il colonialismo
    2)(Geografia) Africa
    3)(Musica) Le origini della musica (Non mi serve la mappa concettuale a questa)
    4)(Scienze) Teoria del movimento delle placche
    5)(Inglese e Francese già ho fatto)
    6)(Ed.Tecnica) Estrazione del carbone
    7)(Ed.fisica) Non la facciamo
    8)(Italiano) Un brano di antologia che ho già fatto :)
    9)(Arte) Non so che metterci potete aiutarmi per favore?
     
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  14. Pongy
     
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    Esami di terza media:
    Geografia: stati uniti
    Storia:1guerra mondiale
    Spagnolo: Pablo Neruda
    Inglese:martin luther king
    Italiano:????
    Scienze:????
    Tecnica:circuito a led
    ed fisica:allenamento
    Ps aiuto ho gli esami il 20!!
     
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  15. Andrea7398
     
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    ciao a tutti quest'anno io ho l'esame di terza media e mi servirebbe una mappa che comprenda i seguenti argomenti musica=inni nazionali (inno inglese italiano e francese)inni sociali (L'Internazionale,Sia gloria ed onore e inno delle nazioni)
    storia= fascismo scienze=le leggi di Mendel inglese=parlare della famiglia di Mussolini francese=stessa cosa di inglese arte=? letteratura=? educazione fisica=olimpiadi in Germania

    ciao a tutti quest'anno io ho l'esame di terza media e mi servirebbe una mappa che comprenda i seguenti argomenti musica=inni nazionali (inno inglese italiano e francese)inni sociali (L'Internazionale,Sia gloria ed onore e inno delle nazioni)
    storia= fascismo
    scienze=le leggi di Mendel
    inglese=parlare della famiglia di Mussolini
    francese=stessa cosa di inglese
    arte=?
    letteratura=?
    educazione fisica=olimpiadi in Germania
    geografia=?
     
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613 replies since 21/5/2009, 23:11   924508 views
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